sabato 18 settembre 2010

Se l'Etna scivolasse nel Mar Ionio?


Lo spessore del fianco che scivola  - piano piano - nel Mar Ionio si aggira intorno ai quattro chilometri. Lo hanno misurato i ricercatori dell’ Irea -Cnr di Napoli (Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell'Ambiente), dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e dell’Università Roma Tre grazie a uno studio congiunto, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente suGeophysical Research Letters.
"Il collasso delle superfici vulcaniche è un fenomeno comune" spiega Marco Neri dell’Ingv di Catania. La causa di questi fenomeni di scivolamento di una superficie su un'altra risiede nella composizione del sottosuolo vulcanico. I vulcani, infatti, si formano in seguito alla sedimentazione del materiale magmatico che viene espulso dalle sue bocche nel corso delle eruzioni. Raffreddandosi, la lava si accumula alle pendici e forma delle superfici instabili di roccia magmatica. Nel tempo, in seguito a ripetute eruzioni, queste superfici diventano sempre più spesse, e i vulcani sempre più grandi. Succede così che il peso di queste masse rocciose accumulate nel tempo provochi il distacco di alcune zolle; questo fenomeno può verificarsi sia attraverso frane repentine, sia mediante lenti scivolamenti, continui nel tempo. Attualmente l’Etna è interessato dal secondo tipo di movimento che, in alcuni periodi, accelera producendo terremoti. 
L'utilizzo di tecniche di rilevamento radar satellitare (InSAR, Interferometric Synthetic Aperture Radar) ha permesso ai ricercatori di elaborare un modello geometrico tridimensionale della zona instabile, che sono riusciti in questo modo a stabilire l'entità della massa della slavina vulcanica. Un dato fondamentale per prevedere le implicazioni che questo movimento putrebbe avere sulle future dinamiche eruttive del vulcano.

martedì 7 settembre 2010

Nasce a Pavia il centro per le catastrofi

Il modello pavese di Eucentre si declinerà su scala mondiale non solo ai terremoti ma a tutte le catastrofi naturali. Nasce a Pavia e si chiamerà Grmo (Global risk management organization) una nuova organizzazione inter-governativa con il plauso delle Nazioni Unite.«Avrà la scopo di creare modelli sia di intervento sia di prevenzione per alluvioni, frane, terremoti» spiega Gian Michele Calvi, presidente di Eucentre, già al fianco della Protezione Civile sul difficile fronte dell’Aquila.

E proprio l’esperienza maturata in Abruzzo verrà esportata ad Haiti. L’ha ricordato Margareta Wahlström, assistente del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ieri mattina ha visitato la sede di via Ferrata dell’Eucentre e ha illustrato le politiche e l’innovazione scientifica delle Nazioni Unite in tema di catastrofi Pavia.

Calvi ha guidato l’ospite e il suo entourage alla scoperta del cuore tecnologico di Eucentre, illustrando anche le attività della Rose school (scuola di specializzazione con studenti provenienti da oltre cento diversi Paesi) impegnata nella prevenzione del rischio sismico. «Tutto questo - ha spiegato Calvi - potrà inoltre rivelarsi un motore straordinario per l’attrazione di società private che operano nell’ambito delle tecnologie avanzate per l’i ntero nostro Paese».

Nel pomeriggio la delegazione ha assistito alla simulazione di un terremoto con la tavola vibrante.
«I Governi hanno fatto progressi nella creazione di istituzioni e nella legislazione ma c’è ancora da fare sul fronte dei bilanci dei settori di sviluppo da destinare alla riduzione del rischio di catastrofi - ha spiegato Wahlström -. Quando le difficili decisioni sulla ripartizione delle risorse vengono prese, le misure per ridurre i rischi non rappresentano una priorità anche perché non pagano politicamente nell’immediato, nonostante rappresentino una forma di risparmio rispetto all’intervento post-disastro». «Una necessaria sinergia tra la Rose School e le scuole Onu attive o in fase di creazione» è ciò che auspica il direttore dello Iuss, Roberto Schmid.
(07 settembre 2010)

venerdì 3 settembre 2010

Giuliani torna a lanciare l'allarme: all'Aquila possibili nuove forti scosse

Nuovi forti terremoti potrebbero colpire l'area dell'aquilano nel prossimo futuro. Il nuovo allarme, dopo lo sciame sismisco in questi giorni, è stato lanciato dal ricercatore Giampaolo Giuliani, che rimase inascoltato alla vigilia del terremoto del 6 aprile 2009. Secondo quanto ha annunciato sulla sua pagina Facebook il tecnico, nel distretto dei Monti Reatini esiste la possibilità di altre scosse superiori a magnitudo 3.

Si tratta di una preoccupazione condivisa dalla comunità dei geologi molti dei quali, tuttavia, si dicono scettici nei confronti delle previsioni basate sul radon che hanno reso celebre il ricercatore, che ha sostenuto in diverse occasioni che la presenza del gas può far prevedere con un certo grado di certezza l'arrivo di scosse sismiche. 

Attraverso la sua pagina personale Giuliani ritiene "doveroso allertare le popolazioni residenti nei territori interessati e limitrofi" in ragione del fatto che dal primo gennaio di quest’anno ad oggi si sono prodotti 1940 terremoti con epicentro nel raggio di 30 chilometri intorno a Montereale (L’Aquila). Giuliani parla di "un livello di radon che si pone in soglia di evento sotto il 3.5 di magnitudo locale circa". Per il geologo Gianluca Ferrini c’è necessità di unmonitoraggio costante, nonostante non condivida del tutto il metodo di rilevazione usato da Giuliani: "La misurazione dei livelli di radon in superficie non ha senso in quanto sono tanti i fattori atmosferici, dalla pressione al vento, che possono alterare i risultati. Per questo non possiamo certo considerare come attendibili le valutazioni di Giuliani".  (Apcom)

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