sabato 16 luglio 2011

Macchie solari e future glaciazioni?


In questo momento storico, il Sole sta passando da un periodo di minima attività verso uno di massima e alcuni scienziati suppongono l’arrivo di un’era glaciale con conseguenti eventuali  danni alle comunicazioni.
La sezione Geomagnetismo, Aeronomia e Geofisica Ambientale dell’INGV, ha una lunga tradizione di osservazioni geomagnetiche e ionosferiche e ha raccolto una mole notevole di dati per lo  studio della variabilità desoll Sole, e per la valutazione degli effetti di tale variabilità ( radiazione elettromagnetica e vento solare) sul sistema Terra e, in particolare, in media e alta atmosfera. Attraverso il telerilevamento a microonde da stazioni a terra si studia la variabilità dell’ozono nella media e alta atmosfera in relazione alla variabilità solare, sia radioattiva che corpuscolare.  Grazie anche a un’equipe di specialisti di modellistica della climatologia  all’INGV si possono simulare e stimare gli effetti della variabilità solare sul nostro clima.
Abbiamo così intervistato un esperto della materia, il dottor Antonio Meloni
Studi di breve e lungo termine dei parametri ionosferici possono aiutare a capire il ruolo della variabilità del sole sul sistema terrestre?
«Il Sole - dice Antonio Meloni, dirigente di Ricerca dell’INGV - ,oltre a emettere radiazione elettromagnetica, emette anche particelle cariche (protoni e elettroni) che a seconda della loro energia raggiungono la Terra in un intervallo di tempo che va dalle ore a un paio di giorni. Esse interagendo con il campo magnetico terrestre formano la magnetosfera. Anche la magnetosfera è modulata dalla variabilità corpuscolare delle emissioni solari. Nella magnetosfera avvengono diversi fenomeni che vengono evidenziati fondamentalmente dalle tempeste magnetiche e ionosferiche, e altri fenomeni naturali di grande spettacolarità quali le aurore boreali. Anche questi hanno per diversi aspetti una notevole influenza sulle attività umane».  
Il ruolo dell’attività solare nel controllare il clima è ancora dibattuto e nella maggioranza degli specialisti prevale l’opinione che sia contenuto e comunque significativo solo sulla scala delle decine di anni o secoli, quando per diversi cicli solari, il numero delle macchie rimane costantemente bassoCosa attenderci quindi per i prossimi mesi o anni ?
«Secondo gli indicatori solari conosciuti, continua ancora il Dott. Meloni, il Sole sta emergendo da un ‘torpore’ che dura ormai da circa 5-6 anni e sta diventando progressivamente più attivo. Si cominciano a contare sempre più macchie e il massimo si raggiungerà solo alla metà del 2013. Nei prossimi due anni quindi assisteremo a un aumento delle tempeste magnetiche e ionosferiche ma ragionevolmente senza effetti eclatanti sulla nostra vita di ogni giorno».
E per quanto riguarda il clima?
«Per quanto riguarda il clima invece, nel breve termine e fino alla fine del ciclo in corso (quindi fino al 2020), non crediamo quindi possa essere il Sole e influenzare in maniera significativa la temperatura della Terra. Continuerà ad essere importante monitorare il contributo naturale all’immissione in atmosfera di gas serra come quelli causati dalle grandi esplosioni ed eruzioni vulcaniche e naturalmente agire in modo da produrre una quantità sempre minore di gas serra antropici».
Nota: La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente.
La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente. Già un paio di secoli or sono  l’astronomo William Herschel suggerì che il numero delle macchie solari (osservate per primo con il telescopio da Galileo) forniva un indizio per conoscere il clima della Terra. Infatti a un numero maggiori di macchie solari poteva corrispondere una temperatura terrestre maggiore. Altri scienziati ebbero già a quei tempi un’opinione contraria e, ancora oggi,  il dibattito rimane in gran parte aperto quando si vuole provare a quantificarne gli effetti.
La scoperta dell’esistenza di un ciclo di attività delle macchie solari, diede inizio a un lungo dibattito sulla variabilità del Sole e i suoi effetti sulla Terra. Fu possibile correlare anche il cosiddetto Minimo di Maunder(un periodo con un numero estremamente basso di macchie osservate sul Sole, anni 1645-1710) con il progressivo raffreddamento, testimoniato da dati storici in tutto il mondo in quell’epoca. Oggi noi sappiamo che quella che chiamiamo costante solare (circa 1362 W/m2, secondo le ultime misure satellitari), del tutto costante non è; durante un ciclo solare può variare di 1-2 W/m2 , cioè all’incirca dello 0.1%. Alcuni ricercatori ritengono che, in periodi più lunghi (qualche secolo), questa variabilità possa raggiungere valori di 0.3- 0.4 %. In alcune regioni dello spettro , ultra violetto. A breve termine, in occasione di brillamenti solari,  essa può variare anche di un fattore 100 o 1000, mentre  nella regione X dello spettro questa variabilità può anche essere rapidissima e avere luogo anche in pochi minuti.

USA - Ultimo dinosauro prima dell'estinzione?


Il ritrovamento di un corno di triceratopo, all’interno di una stratigrafia di rocce sedimentarie che permette la datazione al periodo immediatamente precedente all’estinzione di massa dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, conferisce nuova forza alla teoria che vede nell’asteroide la causa dell’annientamento dei grandi rettili.
L’enigmatica e sensazionale scoperta, avvenuta nel sud-est del Montana (USA), nella Hell Creek Formation, una delle poche aree al mondo che preserva fossili relativi al periodo a cavallo dell’estinzione di massa, mette nuovamente in discussione uno dei capitoli più dibattuti e più avvincenti della storia della vita sulla terra.
Il corno, di 45 cm di lunghezza, appartiene senza ombra di dubbio al triceratopo, il ben noto esemplare, il cui nome si riferisce proprio alla presenza di tre corna (Triceratops, dal greco antico τρι tri “tre”, κέρας keras “corno” e ωψ ops “faccia”, cioè dalla faccia con tre corna). Si trattava di un quadrupede erbivoro, vissuto durante l’ultimo periodo del Cretaceo superiore (ca. 70-65 Ma fa) in nord America che poteva raggiungere i 9 metri di lunghezza per 12 tonnellate di peso.
L’eccezionalità del rinvenimento risiede in primis nella sua età: “Si tratta del più giovane dinosauro che è stato scoperto in situ”, spiega Tyler Lyson, paleontologo della Yale University. Tutti gli altri fossili di dinosauro finora rinvenuti sono più antichi ma furono inglobati successivamente alla loro morte in sedimenti molto più giovani, a causa di processi geologici.
Inoltre, la sua posizione stratigrafica fornisce una solida argomentazione alla teoria che vede la causa dell’estinzione dei dinosauri nell’impatto di un asteroide sulla terra che avrebbe prodotto il noto cratere di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan (Messico). Altre teorie prevedono invece cambiamenti climatici di grandi dimensioni o il cambiamento del livello del mare. Il fossile è stato infatti rinvenuto a 13 cm al di sotto della linea geologica sedimentaria che attesta l’impatto con l’asteoride e che divide il Cretaceo dal Terziario (K-T boundary). Ciò dimostra chiaramente che prima dell’impatto i dinosauri non erano ancora sulla via dell’estinzione.
di Brunella MUTTILLO

Astronomia - Sonda DAWN in avvicinamento all'asteroide VESTA.


Inizia un prolungato conto alla rovescia per la sonda della NASA Dawn, nel suo approccio finale all’asteroide, prima tappa del suo lungo viaggio di studio degli asteroidi Vesta e Cerere, protopianeti risalenti all’origine del sistema solare e forse in futuro, tappa dell’esplorazione umana, come qualcuno ha ipotizzato.
La sonda dovrebbe essere catturata nell’orbita dell’asteroide alle 7 di sabato 16 luglio in Italia, ma poi ci vorrà un po’ di tempo agli ingegneri del team per raffinare l’orbita esatta che dovrà assumere la sonda. I primi segnali radio sono atttesi per le 8.30 italiane del 17 luglio. A quel punto la sonda dovrebbe trovarsi in un’orbita distante approssimativamente 16.000 km dall’asteroide ed ad una distanza dala terra di 188 milioni di chilometri.
Infatti solo dopo aver preso conoscenza della esatta massa e gravità dell’asteroide, fin qui solo stimata, si potrà determinare l’orbita con precisione.
La sonda Dawn è la prima ad entrare nell’orbita della cintura principale degli asteroidi, quella fascia che si trova tra Marte e Giove e che alcuni recenti studi ipotizzano sia dovuta ai “viaggi” del più grande pianeta del sistema solare al momento della sua formazione.
La sonda, a cui partecipano come parte del team sia l’Agenzia Spaziale Italiana che l’Istituto Nazionale di Astrofisica con lo strumento VIR, ha l’obiettivo di fornire agli scienziati possibili risposte alle loro domande sull’origine del sistema solare.
La sonda, partita nel 2007, rimarrà circa un annno nell’orbita di Vesta prima di dirigersi alla volta del pianeta nano Cerere.

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