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sabato 26 settembre 2015

Scoperto in Brasile un cranio decapitato di circa 9000 anni fa, con mani amputate che coprono i suoi occhi.

L'indagine condotta da André Strauss dell'istituto Max Plank in una grotta di Lagoa Santa, cittadina brasiliana  della regione di Minas Gerais, ha rivelato il caso più antico di decapitazione umana documentato in America, e probabilmente nel mondo, dato che i resti datano più di 9000 anni. Il caso è stato pubblicato dalla rivista Plus One. Già nel 2007, gli archeologi scoprirono in un cimitero decine di tombe di cacciatori che abitarono la regione circa 12000 anni fa. Tutti i resti ritrovati erano in linea con la sepoltura del periodo, tranne quest'ultimo, che risulta essere inspiegabile. 


A circa 55 centimetri di profondità è stato rinvenuto il cranio di un uomo con mani amputate che coprivano i suoi occhi. La mandibola e le vertebre presentano chiari simboli di decapitazione. Questo ritrovamento ha sconcertato gli archeologi, soprattutto per la zona della scoperta, visto che la maggior parte di crani decapitati appartenenti alle civilizzazioni inca, nazca, moche o huari, sono stati portati alla luce nei pressi delle Ande. Oltre alla zona, questo magnifico reperto risulta essere molto più antico rispetto agli altri crani con segni di decapitazione. L'investigatore dell'Istituto Max Plank, Domingo Salazar García, è stato il responsabile della datazione usando il collagene delle ossa e sottoponendolo all'esame del carbonio 14. Il soggetto aveva circa 30 anni quando fu assassinato con un'arma, probabilmente una pietra, molto affilata
Gli archeologi stanno formulando varie ipotesi per spiegare questo strano ritrovamento: "in molte occasioni si mutilavano i nemici sconfitti e i loro resti venivano esposti come trofei, usando un palo o una corda", spiega García. Tuttavia, il fatto che questo cranio fosse stato sepolto con mani amputate a coprire i suoi occhi, potrebbe essere un messaggio religioso. 'Che io sappia, non esiste nessun'altra sepoltura simile, scoperta fino ad ora', dichiara l'archeologo. Non esiste per il momento nessuna spiegazione su questo straordinario reperto. Solo dopo uno studio antropologico completo, probabilmente si potranno avere maggiori dettagli.

sabato 7 giugno 2014

L'arca di Noè era rotonda, secondo una tavoletta babilonese di 4 mila anni fa.


La recente decifrazione di una tavoletta di argilla proveniente dall’antica Mesopotamia di 4 mila anni fa rivela nuovi sorprendenti dettagli sulle origini del racconto biblico di Noè.

La tavoletta narra una storia simile a quella riportata nella Bibbia, completa di istruzioni dettagliate per la costruzione di una nave rotonda gigante, simile a una ‘coracle‘ e con l’indicazione chiave di salvare gli animali ‘a due a due’.

La tavoletta è da venerdì scorso in esposizione presso il British Museum, il cui curatore, Irving Finkel, è stato autore della traduzione del testo cuneiforme, raccogliendo le sue conclusioni in un libro dal titolo The Ark Before Noah.

Finkel ne è entrato in possesso un paio di anni fa, quando un uomo, Douglas Simmonds, gli ha mostrato una tavoletta danneggiata di argilla che suo padre aveva acquistato in Medio Oriente dopo la seconda guerra mondiale. Era marrone chiaro, delle dimensioni simili a quelle di un telefono cellulare e ricoperta di caratteri cuneiforme.

“Alla fine abbiamo capito che si tratta di uno dei più importanti documento umani mai scoperti”, ha detto Finkel, che sfoggia una lunga barba grigia, una coda di cavallo e l’entusiasmo di un ragazzo. “E’ stato davvero un momento da infarto scoprire che la barca del diluvio doveva essere rotonda. E’ stata una vera sorpresa”.

Secondo lo studioso, una barca rotonda ha perfettamente senso: “E’ una cosa perfetta”, spiega Finkel. “E’ leggera da trasportare e potenzialmente inaffondabile”. Inoltre, le coracli sono state ampiamente utilizzate in Mesopotamia come taxi fluviali e sono perfettamente in grado di affrontare la furia dell’acqua.

La tavoletta riporta le istruzioni fornite da parte di un dio mesopotamico per la costruzione della gigantesca imbarcazione dalle dimensioni pari a due terzi di un campo da calcio, costruita con tavole di legno, rinforzata con corda e rivestita di bitume. Il risultato è una coracle tradizionale, ma la più grande che il mondo avesse mai immaginato.

Come scrive lo stesso Finkel sul blog del British Museum, la superficie dell’imbarcazione sarebbe stata pari a circa 3600 m², con un’altezza pari a 6 metri. La quantità di corda richiesta riuscirebbe a coprire la distanza tra Londra e Edimburgo!

Certamente un’imbarcazione del genere non sarebbe potuta andare da nessuna parte. D’altra parte, tutto quello che doveva fare era galleggiare e mantenere al sicuro il suo contenuto: praticamente una scialuppa di salvataggio cosmica!

Ad ogni modo, per verificare se l’imbarcazione è realmente capace di galleggiare, Finkel ha formato una squadra con l’obiettivo di realizzare una versione in scala ridotta dell’Arca, seguendo meticolosamente le istruzioni riportate sulla tavoletta. L’impresa sarà mostrata in un film documentario che verrà trasmesso entro la fine del 2014 su Channel 4.

Finkel è consapevole che la sua scoperta potrebbe portare sconcerto tra i credenti nella storia biblica. Tuttavia, è noto fin dal 19° secolo che esistono racconti molto più antichi di quello contenuto nella Bibbia dove si parla di una grande inondazione, delle indicazioni date da dio a un uomo giusto per costruire una barca e salvare se stesso, la sua famiglia e tutti gli animali. La storia dell’alluvione ricorre negli scritti mesopotamici come l’Epopea di Gilgamesh.

Eppure, la tavoletta tradotta da Finkel, oltre ad essere di gran lunga più antica dei racconti biblici, è l’unica a contenere istruzioni dettagliare sulla sua costruzione. Lo studioso ritiene che gli ebrei abbiano mutuato la storia del diluvio durante l’esilio babilonese del 6° secolo a.C.

Il lavoro sulla tavoletta, inoltre, ha portato ad alcune domande impegnative: qual è la vera origine del racconto del diluvio? Come ha fatto a passare del cuneiforme all’ebraico biblico? Come funzionava davvero il cuneiforme? Insomma, la nuova scoperta ha dato man forte all’entusiasmo di Finkel che avrà di che studiare per i prossimi anni.

sabato 23 novembre 2013

Risolto il mistero della statuetta egizia che ruota?[Video ]

Il mistero della statuetta egizia che ruota di 180 gradi, nonostante sia collocata all’interno di una teca di cristallo e nessuno la tocchi, aveva dato non pochi grattacapi ai curatori del Manchester Museum, in Gran Bretagna.

Si era fatto appello alle più bizzarre ipotesi dopo che il video, nel luglio scorso, era apparso su Internet: chi parlava di una sorta di campo magnetico, chi richiamava antichi miti, chiamando in causa lo spirito dell’uomo raffigurato, di nome Neb-Senu, ma ora l’enigma sembra risolto, con una spiegazione scientifica e non esoterica: si tratta delle vibrazioni combinate di traffico e gente a passeggio.
Mystery Map, una trasmissione dell’Itv britannica che indaga storie e miti misteriosi, ha arruolato un team di specialisti per mettere sensori sotto l’armadietto che rilevassero le vibrazioni. Si è così scoperto che la statuetta ruota in corrispondenza con l’aumento delle vibrazioni; quando di notte le vibrazioni si fermano, smette di ruotare.
I movimenti sono cominciati di nuovo alle 7 del giorno dopo. “Le vibrazioni derivano da più fonti, gli autobus nella trafficata strada all’esterno, il calpestio esterno: tutte queste cose combinate”, ha spiegato l’esperto Steve Gosling.
Già, ma perché non ruotano anche le altre statuette in mostra?. “Questa statua ha una base convessa: nella parte inferiore c’e’ un rigonfiamento che la rende più sensibile alle vibrazioni rispetto a quelle che hanno la base piatta”, ha sottolineato Gosling.
http://www.segretiemisteri.com/?p=9439

giovedì 21 novembre 2013

Ecuador - Scoperta città megalitica. Regno dei giganti?


Piramide parete
Breaking News 19/10/2013 - Siamo lieti di annunciare la recente scoperta di una sconosciuta complesso megalitico situato in una zona remota della giungla amazzonica dell'Ecuador. Questo è un breve riassunto di alcuni di quello che già sappiamo o sospettiamo di essere fatti di questo assolutamente incredibile trovare.
Ritorno maggio 2012 siamo stati parte di una conversazione privata in cui è stato rivelato che un membro della discussione era stato di recente parte di una spedizione nella giungla qui in Ecuador, che era finito in quello che ha preso per essere un antico complesso della piramide, non noto al grande pubblico internazionale, o anche all'interno di Ecuador. A causa di una serie di intense esperienze soprannaturali che accadono in quel momento e l'impegno per un progetto di ricerca già esistente (che ha portato i nostri due libri pubblicati '2012 aumento The Last Tzolkin: avvertimenti della Maya & The Pleiadiani ' & 'Ancient Aliens In Australia: Origini delle Pleiadi di umanità ») non ci hanno seguito fino a questo vantaggio fino avevamo completato il nostro lavoro in corso. Finalmente possiamo dare la questione della dovuta attenzione. Ora abbiamo incontrato due membri del team di spedizione iniziale (ottobre 2013) e ha esaminato il loro materiale - che è mente che soffia nella portata.
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Presso il sito scoperto c'è una struttura molto grande blocco di tipo megalitico di circa 80 metri quadrati di base e 80 metri di altezza, con pareti molto inclinati.Tale struttura è costituita da grandi blocchi di pietra irregolari tagliati a forma, ciascuno è attualmente calcolato essere di circa 2 tonnellate di peso, molte centinaia di tali blocchi costituiscono le pareti dell'edificio.
La parte superiore sembra essere una zona pianeggiante sospettato y nostri contatti per essere stato un piattaforma utilizzata dai sacerdoti in entrambe le cerimonie o forse sacrifici. La ragione per cui sacrificio umano è sospettato riferisce al grado di inclinazione delle pareti piramide, l'ipotesi è che essi sono simili ad altre strutture in America dove la pendenza è stato deliberatamente studiata per consentire una testa umana a rotolare giù per i fianchi. Questo è attualmente solo speculazione.
Sparsi per la zona erano moltissimi manufatti di pietra e della ceramica (apparentemente ora tutti rubati negli ultimi mesi). Molti di questi oggetti sembravano essere gli strumenti di pietra che avrebbero potuto essere utilizzati sia in estrazione o raffinazione di un qualche tipo di minerali metallici. Tra questi strumenti sono alcuni che sarebbe estremamente difficile per un essere umano normale dimensione è quello di utilizzare in qualsiasi modo pratico, questo ha portato ad un forte sospetto che questa è una delle leggendarie città perdute dei giganti, ben noto nelle leggende ecuadoriane locali su l'area amazzonica, questi luoghi generano molta paura tra i membri delle tribù della giungla di oggi in quanto si ritiene di essere protetta da spiriti guardiani o da esseri non di questo mondo. Molti esploratori sono andati nella giungla intorno a questa zona e non è riuscito a tornare - è certamente noto per essere pericoloso entrare per il viaggiatore temerario. Anche gli esploratori più esperti sono scomparsi senza lasciare traccia nella caccia a città perdute e la supposta esistenza di immensi tesori da trovare.
Siamo personalmente a conoscenza di leggende in quella zona che appartengono agli esseri umani giganti e le loro città perdute, di fatto le ossa di persone giganti sono stati trovati nelle grotte della zona - così come in altre parti del Ecuador. Questa regione è stato detto di essere un grande luogo di incontro delle tribù, infatti le tribù da lontani come il Brasile è recato in questa posizione a causa di credenze circa la sua lunga importanza in piedi e forte vibrazione energetica. La scoperta di questo complesso piramide costituisce il fatto dalla presunta finzione, questo è davvero un luogo di antichi giganti e le loro città. Ciò che resta da vedere è quanto è grande la zona è davvero complesso. La deduzione logica è che le strade o sentieri che escono da questa urbanizzazione sarebbero probabilmente ad altre città della stessa civiltà più profondo nella giungla
La squadra ha finora identificato diversi grandi colline vicino alla struttura, ciascuno di dimensioni uguali che possono essere oggetto delle strutture.L'ipotesi di lavoro ragionevole e logica è che ciascuna di queste colline è una piramide ancora da scoprire. In questo modo sarebbe una città di dimensioni molto significativo e complesso della piramide.
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Lo stile degli edifici e degli oggetti trovati tutti suggeriscono un ignoto cultura pre-Inca, indagini ulteriormente dettagliato sarà necessario per stabilire tutti i fatti.
Il governo è in procinto di fare tutti i preparativi necessari per indagare il sito.Sarò in contatto con un team di esperti internazionali in materia di antichi siti megalitici e le tecnologie a piramide. Abbiamo il sospetto che potrebbe essere un 12 mila anni vecchio Ancient Aliens legate struttura - ma al momento tutte le scommesse sono spenti come a chi ha costruito questo sito - nessuno lo sa.
Condividere questa informazione ampiamente prega ma includere link a questa pagina e l'autore.
Vorremmo ringraziare i nostri sorgenti per i rapporti diretti, la ricerca di informazioni e immagini:
Sr. Bolivar Morales
Sr. Manuel Chauvin
Sr. Manuel Viera
Sr. Luis Fernando Villacreses
Sr. Jhon Vinueza

venerdì 9 agosto 2013

Eccezionale scoperta sul monte Landro che potrebbe cambiare parte della storia degli Etruschi.

Il Monte Landro o Monte Landra, è una collina appartenente ai monti Volsini nel comune di San Lorenzo Nuovo in provincia di Viterbo, in posizione panoramica sul lago di Bolsena ai confini con l'Umbria.


L’ultima scoperta avvenuta tra i resti del tempio del monte Landro potrebbe sconvolgere parte della storia degli Etruschi come finora conosciuta. Per rendere comprensibile la vicenda occorre ritornare indietro nei secoli fino al I Millennio a.C.
Siamo circa nel V a.C., quando Porsenna decide di creare nel suo distretto territoriale un luogo in cui far riunire tutte le dodici città stato per diventare il re dei lucomoni (lo Zilath). Aveva un problema: era svantaggiato nel confronto con le altre città, dalla poca rilevanza della sua e dalla scarsa potenza militare. Dovette, quindi, usare la propria intelligenza.

Dopo alcune scosse di terremoto sui monti Volsini, fu chiamato a uccidere un mostro che stava cercando di distruggere le mura della città. Giunto sul posto, il panorama paradisiaco, l’abbondanza di acqua e la vastità del luogo gli suggerirono un idea, e sfruttando la superstizione dei campagnoli diede vita alla leggenda del mostro Volta. Creò il mito della personificazione umana di una nuova divinità: Voltumna, il dio del profondo, colui che sarà poi il protettore unico del Fanum Voltumnae.
Il luogo scelto per erigere il tempio dedicato al mostro è intuibile: una piccola radura sui monti Volsini, proprio nel punto in cui Porsenna incontra e uccide Volta con un fulmine che scaturisce dalla terra.
Verosimilmente, il monte Landro aveva ancora qualche residuo fenomeno della sua antica e tipica attività vulcanica: una putizza che si sprigionava dalla terra. Gli ultimi scavi del Prof. Maggiani hanno portato alla luce una vasca che misura 5 x 1,5 m, con un grande foro di circa 30 cm sul fondo.
Collocando sopra al foro il puteale ritrovato lì in cima, dentro i resti di un pozzo, si ricrea la scena della rinascita del mostro Volta descritta dagli Etruschi su pitture e affreschi. Dal foro usciva un denso fumo in cui un abile sacerdote riconosceva ogni volta una le molteplici sembianze prese dal mostro. Il potente dio del Fanum non era altro che un vulcano.

http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2013/08/nuova-scoperta-sul-monte-landro.html

domenica 19 agosto 2012

La Fuente Magna - Eredità dei Sumeri in Sud America?


Uno dei reperti archeologici più controversi dell’intera America è la Fuente Magna, detta anche Vaso Fuente, un grande vaso di pietra, simile ad un recipiente per effettuare libagioni, battesimi o cerimonie purificatorie.
Secondo la versione ufficiale il vaso fu scoperto in Bolivia nel 1960, da un contadino, in un terreno privato che si dice sia appartenuto alla famiglia Manjon, situato a Chua, circa 80 chilometri da La Paz, nelle vicinanze del lago Titicaca.
Nella parte esterna il vaso riporta alcuni bassorilievi zoomorfi (di origine Tihuanacoide), mentre nell’interno, oltre a una figura zoomorfa o antropomorfa (a seconda dell’interpretazione), vi sono incisi due tipi di differenti scritture, un alfabeto antico, proto-sumerico, e il quellca, idioma dell’antica Pukara, civiltà antesignana di Tiwanaku.
Nel 1960 l’archeologo boliviano Max Portugal Zamora attuò alcuni piccoli lavori di restauro sul vaso di pietra, e tentò di decifrare senza successo la misteriosa scrittura che è incisa nella parte interna.
Il vaso fu consegnato da un membro della familia Manjon al municipio di La Paz nel 1960. In cambio la familia Manjon ottenne un terreno in una zona adiacente la capitale.
L’oggetto rimase in uno scantinato del “Museo de los metales preciosos” per 40 anni.
Fino alla fine del XX secolo nessuno sapeva in realtà da dove venisse la Fuente Magna, e nessuno poteva immaginare la straordinaria e affascinante storia che racchiude.
Nel 2000 due ricercatori di La Paz, l’argentino Bernardo Biados e il boliviano Freddy Arce, viaggiarono fino a Chua, luogo situato nel nord del lago Titicaca, e chiesero informazioni ai nativi di lengua aymara sul ritrovamento della Fuente Magna nel 1960.

Inizialmente nessuno sapeva dare informazioni, nè sul Vaso Fuente, nè sulla famiglia Manjon, che sembrava essere scomparsa nel nulla. Successivamente incontrarono un anziano di 92 anni, detto Maximiliano, che dopo aver osservato una foto della Fuente Magna, la riconobbe come sua, e la denominò in spagnolo “el plato del chanco”, ovvero il vaso dove mangiavano i maiali.
Maximiliano dichiarò che il vaso fu trovato molti anni prima nelle vicinanze del villaggio e non gli fu data alcuna importanza fino a quando alcuni uomini lo portarono via (forse pagando un corrispettivo), per poi consegnarlo al municipio di La Paz.
Proprio così: uno degli oggetti più importante dell’intera Storia umana era utilizzato da un campesino come recipiente per dar da mangiare ai maiali!
Bernardo Biados e Freddy Arce fotografarono e studiarono a fondo il celebre vaso, giungendo alla conclusione che era utilizzato nell’antichità per cerimonie religiose purificatorie. I due ricercatori inviarono le foto delle iscrizioni al famoso epigrafista statunitense Clyde Ahmed Winters, che decifrò le enigmatiche iscrizioni proto-sumeriche che si trovano all’interno della Fuente Magna.
Ecco la traduzione del pannello centrale dove vi sono i caratteri cuneiformi:

Avvicinati nel futuro ad una persona dotata di grande protezione nel nome della grande Nia. Questo oracolo serve alle persone che vogliono raggiungere la purezza e rafforzare il carattere. La Divina Nia diffonderà purezza, serenità, carattere. Usa questo talismano (la Fuente Magna), per far germogliare in te saggezza e serenità.
Utilizzando il santuario giusto, il sacrario unto, il saggio giura di intraprendere il giusto camino per raggiungere la purezza e il carattere. Oh sacerdote, trova l’unica luce, per tutti coloro che desiderano una vita nobile.

Secondo i testi antichi Ni-ash (Nammu o Nia), era la Dea che diede luce al Cielo e alla Terra, al tempo dei Sumeri. Il bassorilievo situato nella parte interna del vaso, che può richiamare ad una rana (simbolo di fertilità), secondo alcuni ricercatori è proprio la rappresentazione di Nia, la Dea dei Sumeri.
Gli altri simboli che si trovano ai lati del bassorilievo e nella parte adiacente alle incisioni proto-sumeriche, sono stati interpretati come quella, idioma scritto della civiltà Pukara, ma non sono stati decifrati.
Nella parte esterna del vaso ci sono alcuni bassorilievi zoomorfi, che richiamano la cultura di Tiwuanaku: pesce e serpente. E’ molto probabile che la Fuente Magna venisse utilizzata come vaso sacro per cerimonie esoteriche, che richiamavano il culto della fertilità e la ricerca della purezza.
A questo punto sorge la domanda? Come è possibile che vi siano delle iscrizioni proto-sumeriche in un vaso ritovato presso il Titicaca, a ben 3800 metri d’altezza sul livello del mare, distante decine di migliaia di chilometri dal luogo di espansione della civiltà dei Sumeri?
A mio parere La Fuente Magna è autentica, ed è uno degli oggetti antichi più importanti del mondo, attraverso il quale si può venire a conoscenza del passato remoto dell’umanità e dei suoi viaggi interoceanici.
Innuanzitutto si deve ricordare che l’esistenza del Nuovo Mondo era perfettamente conosciuta ai Fenici e ai Cartaginesi che circumnavigarono l’Africa nel I millennio prima di Cristo. Ma le loro conoscenze derivavano dai Sumeri, il popolo che spesso si associa erroneamente con la “nascità della civiltà”.
E’ noto che i Sumeri navigavano sulle loro imbarcazioni attraverso i canali del Tigri e dell’Eufrate allo scopo di commerciare. E’ invece poco conosciuta la navigazione marittima dei Sumeri, che avevano come base l’attuale isola di Bahrein, dove recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un porto commerciale che era in attività nel terzo millennio prima di Cristo. Nei testi Sumeri l’odierno Behrein era identificato come Dilmoun, e da quel punto le flotte sumere partivano per la foce dell’Indo da dove rimontavano il grande fiume, giungendo a Mohenjo-Daro, per intercambiare tessuti, oro, incenso e rame. Le imbarcazioni sumere erano lance che potevano dislocare fino a 36 tonnellate.
Secondo Bernardo Biados i Sumeri circumnavigarono l’Africa già nel terzo millennio prima di Cristo, ma, arrivati presso le isole di Capo Verde, si trovarono sbarrato il passaggio dai venti contrari che soffiano incesantemente verso sud-est. Si trovarono pertanto obbligati a fare rotta verso ovest, cercando venti favorevoli. Fu così che giunsero occasionalmente in Brasile presso le coste dell’attuale Piauì o Maranhao. Da quei punti esplorarono il continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni, in particolare il Madeira e il Beni.
In questo modo arrivarono all’altopiano andino, che probabilmente nel 3000 a.C. non aveva un clima così freddo. Si mischiarono così alle genti Pukara che a loro volta provenivano dall’Amazzonia (espansione Arawak), e ai popoli Colla (i cui discendenti parlano oggi la lingua aymara). La cultura Sumera influenzò le genti dell’altopiano, non solo dal punto di vista religioso, ma anche lessicale. Molti linguisti infatti hanno trovato molte similitudini tra il proto-sumerico e l’aymara.
Alcuni Sumeri rientrarono nel Vecchio Mondo e vi trasportarono la coca, che fu trovata anche nelle mummie di alcuni faraoni egizi.
Ultimamente Bernardo Biados e Freddy Arce hanno analizzato e studiato a fondo il monolito di Pokotia, che riporta interessanti iscrizioni nella parte dorsale, che possono anch’esse essere relazionate con viaggi inter-oceanici avvenuti antecedentemente al terzo millennio a.C.
Solo con lo studio comparato di genetica, archeologia, linguistica e scienza epigrafica si potrà giungere in futuro alla reale comprensione delle relazioni tra gli antichi popoli del mondo, in modo da poter tracciare così una mappa dettagliata dell’intera evoluzione umana.
YURI LEVERATTO
Copyright 2010
E’ possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell’autore e la fonte www.yurileveratto.com
Nella prima foto: l'indigeno Colla Maximiliano mostrando una foto della "sua" Fuente Magna.

Foto: Copyright Yuri Leveratto eccetto la prima foto.
Traduzione del pannello centrale di Clyde Winters dall'inglese all'italiano: Yuri Leveratto

Il mistero di Cholula, la piramide più grande del mondo


Lo studio delle piramidi, costruite nel lontano passato da molti popoli che vivevano in differenti zone della Terra, è interesante non solo dal punto di vista storico e architettonico, ma anche per comprendere le loro usanze, le loro credenze religiose e la loro visione del mondo.
Le piramidi più conosciute sono certamente le egiziane, soprattutto quelle della piana di Giza.
Nel mondo però vi furono varie le culture antiche che costruirono piramidi, per esempio le piramidi cinesi di Xian, quelle peruviane di Caral o Tucumè e quelle mesoamericane, come le Maya di Tikal, Uxmal, Palenque, o le famose piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacan.
Stranamente la pirámide di Cholula (detta anche Tlachihualtepetl), che è la più grande del mondo, è quasi ignorata sia nei programmi televisivi dove si divulga la Storia sudamericana che nelle riviste specializzate.
La piramide, che è alta 66 metri ed ha una pianta quadrata di 400 metri, è la più voluminosa del mondo: ben 4.450.000 metri cubi.
Per fare un paragone, la piramide di Cheope, ha un volume di “soli” 2.500.000 metri cubi.
Il nome Cholula significa “acqua che cade nel luogo della vita”. Secondo la mitología fu costruita dal gigante Xelhua, che riuscì a salvarsi dal diluvio universale.
Ecco un brano dell’opera Cholula 2000 tradizione e cultura dello scrittore Rodolfo Herrera Charolet (1995):
Nell’epoca del diluvio vivevano sulla Terra i giganti, però molti di essi morirono sommersi dalla acque, alcuni invece furono trasformati in pesci e solo sette fratelli si salvarono in alcune grotte della montagna Tlaloc. Il gigante Xelhua viaggiò fino al luogo che in seguito si chiamò Cholollan e con grandi mattoni fabbricati nel lontano Tlalmanalco, cominciò a costruire la pirámide in memoria della montagna dove si salvò. Siccome Tonacatecutli, il Padre degli Dei s’irritò vedendo quella immensa costruzione, che poteva arrivare alle nubi, lanciò delle lingue di fuoco e con un grande masso che aveva forma di rospo schiacciò molti lavoratori e scacciò i sopravvissuti, cosìcchè l’opera fu interrotta…
La piramide di Cholula è in realtà il risultato di 6 differenti costruzioni sovrapposte nel corso dei secoli. Secondo gliultimi studi in situ s’iniziò a costruire nel periodo Preclassico(1800 a.C.-200 d.C), nell’epoca degli Olmechi.
Intorno al 100 d.C. la piramide di Cholula era utilizzata da genti di Teotihuacan, sia per motivi rituali che cerimoniali.
Si stima che il complesso urbano che si era sviluppato nei dintorni della piramide assommava a quasi 100.000 abitanti intorno al 200 d.C. essendo così la seconda città del Mesoamerica dopo Teotihuacan.
La zona fu abbandonata intorno all’800 d.C. in seguito alla decadenza di Teotihuacan. In seguito la piramide fu utilizzata da etnie Tolteche e Cicimeche. Quindi con il dominio degli Aztechi in Messico, fu dedicata al culto di Queztalcoatl.
In seguito alla conquista spagnola del Messico, fu costruita una chiesa cattolica nella sommità della piramide (nel 1594), allo scopo di affermare la religione cristiana sui culti locali.

Il primo archeologo che studiò a fondo la piramide fu lo svizzero Adolph Bandelier nel 1881. Rinvenne molti resti umani in alcune sepolture di stile Teotihuacano, oltre a una notevole quantità di cerámica, anch’essa attribuibile a Teotihuacan.
Nel 1931 l’architetto Ignacio Marquina diresse degli scavi con lo scopo di aprire dei tunnel al di sotto della pirámide. Nel 1951 sono stati scavati circa 6 chilometri di tunnels al di sotto della piramide, che formano un vero e proprio labirinto.
Durante questo primo periodo di scavi furono pórtate alla luce notevoli quantità di ceramiche risalenti alle culture di Tula e Teotihuacan oltre a strumenti musicali come per esempio flauti.
In seguito ci fu un secondo periodo di scavi dal 1966 al 1974 condotto da Miguel Messmacher, ma non si riuscì a trovare una camera funeraria principale.
Oggi il mistero di Cholula, ovvero quali furono i reali costruttori di questa imponente struttura, resta insoluto. Successive opere di scavo sono state bloccate perché potrebbero minacciare la stabilità dell’intera piramide ma anche perché la chiesa cattolica costruita dagli spagnoli sulla sua sommità, è stata dichiarata patrimonio della nazione e pertanto è proibito intervenire sulle sue fondamenta.
Sappiamo che nelle leggende c’è sempre un fondo di verità: forse Xelhua era una personaggio reale che, come Viracocha o Queztalcoatl era riuscito a fondare una nuova civiltà e aveva costruito la piramide come simbolo del suo potere?
YURI LEVERATTO
Copyright 2012
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mercoledì 27 luglio 2011

Turchia , archeologi italiani scoprono la la tomba dell'apostolo Filippo.

Ankara, 27 lug. (Adnkronos) - Un team di archeologi italiani, guidati Francesco D'andra, ha scoperto in Turchia la tomba dell'apostolo Filippo. Lo riferisce l'agenzia semiufficiale turca Anadolou, spiegando che il ritrovamento e' avvenuto nel sito delle rovine di Hierapolis (Pamukkale), nella provincia sud occidentale di Denizli.
Si riteneva che la tomba di San Filippo fosse nella "collina dei morti" a Hierapolis, ma il team italiano ha scoperto le rovine di una chiesa a 40 metri dalla collina, dove si trova la tomba del santo. D'Andria ha spiegato che gli archeologi tentavano di indviduare da anni il luogo di sepoltura dell'apostolo e che la tomba e' stata individuata durante gli scavi nei resti di una chiesa recentemente riportati alla luce.
Citta' ellenistico-romana dell'antica Frigia, l'antica Hierapolis e' fra i luoghi inseriti dall'Unesco nel Patrimonio dell'umanita' e sorge nei pressi di una fonte termale nota sin dal secondo secolo.

Monti Cimini (VT) - Scoperti reperti dell'età del bronzo (1000 a.c.)

Una montagna sacra nel cuore dell'Etruria, dove, nell'età del bronzo, si offrivano voti agli dei pagani e si bruciavano oggetti sacri in loro onore. Hanno portato alla luce questo gli archeologi dell'università Sapienza di Roma e della soprintendenza ai Beni archeologici dell'Etruria meridionale sul monte Cimino, in provincia di Viterbo.
La scoperta, «una delle più importanti della protostoria del Lazio», con reperti risalenti al 1000 a.C, è stata illustrata oggi sul luogo del ritrovamento in località La faggeta, a Soriano nel Cimino. Sulla sommità del monte, a oltre mille metri di altezza, tra i faggi, negli ultimi tre anni l'equipe degli archeologi, coordinati dal professor Andrea Cardarelli, ha condotto gli scavi portando alla luce «una serie di stratificazioni di materiali derivanti da roghi cultuali».
Una «chiara evidenza votiva», secondo il docente della Sapienza, perchè, spiega, «le attività religiose del mille avanti Cristo passavano proprio attraverso il fuoco. Venivano bruciate offerte per gli dei: oggetti sacri, cibo o animali».

lunedì 12 luglio 2010

Rotoli del mar Morto, scoperta la loro origine.


Roma - I ricercatori dei Laboratori Nazionali del Sud (LNS) di Catania dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sono riusciti a far luce sull’origine di una parte degli straordinari “Rotoli del Mar Morto”, una raccolta di circa 900 documenti scoperti in varie grotte nei pressi del Mar Morto mezzo secolo fa.
Ci sono riusciti grazie all’uso congiunto di un nuovo sistema di analisi, chiamato XPIXE e brevettato proprio dai LNS dell’INFN, e dell’acceleratore di particelle in funzione negli stessi Laboratori.
I documenti analizzati rappresentano, tra l’altro, i testi biblici più antichi mai conosciuti, datati da uno a due secoli avanti Cristo fino a qualche decennio dopo.
I risultati sono stati presentati ieri, 1 luglio 2010, dal professor Giuseppe Pappalardo, dell’INFN, alla PIXE 2010 Conference che si è tenuta a Surrey, in Gran Bretagna.
La ricerca dei fisici dell’INFN, in collaborazione con i ricercatori dell’IBAM-CNR, ha permesso di scoprire che una parte di questi rotoli (in particolare il “Rotolo del Tempio”, che non fa parte della narrazione biblica ma descrive la costruzione e la vita di un tempio, e detta norme su come trasmettere la legge al popolo) potrebbe essere stata realizzata sulle rive del Mar Morto nella zona di Qumran, là dove sono stati trovati i reperti. O meglio, che le pergamene sono state preparate in loco.
La ricerca è stata realizzata su sette piccoli campioni (dimensione media, un centimetro quadrato) di questi rotoli su richiesta della dottoressa Ira Rabin del BAM (Bundesanstalt für Materialforschung) di Berlino. I reperti provengono dal Shrine of the Book of the Israel Museum e dalla collezione Ronald Reed della John Rylands University Library.
Gli strumenti del laboratorio LANDIS dei Laboratori di Catania dell’INFN hanno permesso di effettuare analisi non distruttive e di ottenere alcuni primi risultati sull’origine delle pergamene. Queste pergamene, il supporto su cui si scriveva al tempo, richiedevano, infatti, una grande quantità di acqua per essere preparate. Analizzando nella zona del ritrovamento le acque presenti localmente, si era potuta stabilire la presenza di alcuni elementi chimici nelle sorgenti e il rapporto tra le loro diverse concentrazioni. Si sono poi analizzati i valori del rapporto Cloro/Bromo su alcuni frammenti di pergamene del Rotolo del Tempio utilizzando fasci di protoni da 1.3 MeV, prodotti dall’acceleratore di particelle Tandem dei LNS dell’INFN.
Si è visto così che i valori del rapporto Cloro/Bromo nelle pergamene sono compatibili con una loro provenienza dalla zona in cui sono state trovate. Presentano cioè valori affini a quelli dell’acqua presente in loco.
La ricerca continuerà ora con l’analisi degli inchiostri con cui sono stati realizzati i testi.
La tecnica
Il sistema XPIXE (X-ray and Particle Induced X-ray Emission) consiste in una sorgente radioattiva che emette sia particelle alfa che raggi X. A seguito dell’incidenza di queste radiazioni sul campione da analizzare, si ha l’emissione di raggi X caratteristici degli elementi chimici componenti il campione in esame, che vengono contestualmente rivelati. L’analisi degli spettri misurati consente, nella maggior parte dei casi, di ottenere la composizione chimica del reperto in studio.
Questo strumento è portatile e consente analisi in situ.
L’acceleratore Tandem dei LNS svolge un lavoro analogo a quello del XPIXE ma, poiché utilizza un fascio di protoni con un’intensità maggiore rispetto a quella della radiazione emessa dal XPIXE, riusciamo a conoscere anche il rapporto tra gli elementi presenti e quindi, per esempio, a capire se l’acqua con cui è stata lavata la pergamena è compatibile o meno con l’acqua locale.
XPIXE è stato interamente sviluppato e realizzato dall’INFN in collaborazione con il CEA (Francia) e opera nell’ambito del laboratorio LANDIS (Laboratorio di Analisi non Distruttiva in Situ) ai Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN per applicazioni nel campo dei beni culturali.

domenica 15 novembre 2009

Africa:In Monzambico scoperti i resti di una Civiltà di 200mila anni fa.


Una sorprendente scoperta: nel cuore dell’Africa UNA METROPOLI DI 200.000 ANNI FA
domenica, novembre 15, 2009
Sono sempre stati lì. Qualcuno li aveva già notati prima, ma nessuno riusciva a ricordare chi li avesse fatti – o perché? Fino a poco tempo fa, nessuno sapeva nemmeno quanti fossero. Ora sono dappertutto, a migliaia, anzi no, centinaia di migliaia! E la storia che raccontano è la storia più importante dell’umanità. Ma c’è chi potrebbe non essere pronto ad ascoltare.
Qualcosa di straordinario è stato scoperto in una zona del Sud Africa, circa 280 km verso l’interno, ad ovest del porto di Maputo (la capitale del Monzambico). Sono i resti d’una grande metropoli che misurava, secondo stime prudenti, circa 5000 km quadrati. Faceva parte di una comunità ancora più ampia, di circa 35.000 chilometri quadrati, che sembra essere stata costruita – siete pronti? – dal 160000 al 200000 a.C.!

L’immagine è una vista ravvicinata di poche centinaia di metri del paesaggio, presa da Google-earth. La regione è un po’ remota e i “cerchi” sono stati spesso visti dagli agricoltori locali e dagli indigeni, in passato. Ma, stranamente, nessuno s’è mai preso la briga di informarsi su chi potrebbe averli fatti o quale età potessero avere.
La situazione è cambiata quando se ne è occupato il ricercatore Michael Tellinger, in collaborazione con Johan Heine, un vigile del fuoco locale e pilota che aveva osservato queste rovine negli anni, sorvolando la regione. Heine aveva il vantaggio unico di vedere il numero e la portata di queste strane fondazioni di pietra e sapeva che il loro significato non era apprezzato.
“Quando Johan per primo mi ha fatto conoscere le antiche rovine di pietra dell’Africa australe, non avevo idea delle incredibili scoperte che ne sarebbero seguite, in breve tempo. Le fotografie, i manufatti e le prove che abbiamo accumulato puntano senza dubbio ad una civiltà perduta e sconosciuta, visto che precede tutte le altre – non di poche centinaia d’anni, o di qualche migliaio d’anni… ma di molte migliaia d’anni. Queste scoperte sono così impressionanti che non saranno facilmente digerite dall’opinione ufficiale, dagli storici e dagli archeologi, come abbiamo già sperimentato. E’ necessario un completo mutamento di paradigmi nel nostro modo di vedere la nostra storia umana”. – Tellinger

Dove è stata compiuta la scoperta
L’area è importante per una cosa che colpisce subito – l’oro. “Le migliaia di antiche miniere d’oro scoperte nel corso degli ultimi 500 anni, indicano una civiltà scomparsa che ha vissuto e scavato per l’oro in questa parte del mondo per migliaia d’anni”, dice Tellinger. “E se questa è in realtà la culla del genere umano, possiamo star guardando le attività della più antica civiltà sulla Terra”.

Per visualizzare il numero e la portata di queste rovine, vi suggerisco di utilizzare Google-earth e iniziare con le seguenti coordinate:
Carolina -- 25 55' 53.28" S / 30 16' 13.13" E
Badplaas -- 25 47' 33.45" S / 30 40' 38.76" E
Waterval -- 25 38' 07.82" S / 30 21' 18.79" E
Machadodorp -- 25 39' 22.42" S / 30 17' 03.25" E
Quindi eseguite una ricerca a volo radente all’interno dell’area formata da questo rettangolo. Semplicemente stupefacente!

L’oro ha giocato un certo ruolo sulla densità di popolazione che un tempo viveva qui? Il sito si trova a circa 150 miglia da un ottimo porto, il cui commercio marittimo potrebbe avere contribuito a sostenere una popolazione così importante. Ma ricordate che stiamo parlando di quasi 200000 anni fa!
Le singole rovine sono in gran parte costituite da cerchi di pietre. La maggior parte sono stati sepolti sotto la sabbia e sono visibili soltanto dal satellite o dall’aereo. Alcuni sono stati esposti, quando il cambiamento climatico ha soffiato via la sabbia, rivelando le mura e le fondamenta.

“Mi vedo come una persona di mente aperta, ma devo ammettere che mi ci è voluto oltre un anno per digerire la scoperta e per capire che abbiamo realmente a che fare con le strutture più antiche mai costruite dall’uomo sulla Terra.
Il motivo principale di ciò è che ci hanno insegnato che nulla di significativo è mai venuto dal Sud Africa. Che le civiltà più potenti sono apparse in Sumeria e in Egitto e in altri luoghi. Ci viene detto che fino all’insediamento del popolo BANTU, proveniente da nord, che dovrebbe avere avuto inizio nel secolo XII d.C., questa parte del mondo era piena di cacciatori-raccoglitori, e che i cosiddetti Boscimani non hanno fornito alcun contributo importante alla tecnologia o alla civiltà”. – Tellinger

Una storia ricca e variegata

Quando i primi esploratori incontrarono queste rovine, davano per scontato che fossero recinti per il bestiame realizzati da tribù nomadi, come il popolo bantu, che si spostò verso sud e si stabilì in questa terra intorno al sec. XIII. Non si conoscevano le testimonianze storiche di nessuna civiltà precedente, più antica, in grado di costituire una comunità così densamente popolata. Poco sforzo fu stato fatto per indagare il sito perché la collocazione storica delle rovine non era per nulla nota.
Negli ultimi 20 anni, persone come Cyril Hromnik, Richard Wade, Johan Heine e una manciata d’altri hanno scoperto che queste strutture in pietra non sono ciò che sembrano essere. In realtà questi sono ora ritenuti i resti di antichi templi e osservatori astronomici di antiche civiltà perdute, che risalgono a molte migliaia di anni fa.

Queste rovine circolari sono distribuite su una vasta area. Possono solo essere veramente apprezzate dal cielo o attraverso immagini satellitari. Molte di loro sono quasi completamente erose o sono state coperte dai movimenti del suolo fatti per l’agricoltura lungo il tempo. Alcune sono sopravvissute abbastanza bene da rivelare le loro grandi dimensioni, con alcuni muri originali in piedi, sino a quasi 2 metri d’altezza e oltre un metro di larghezza, in alcuni luoghi. Guardando la metropoli intera, diventa evidente che si trattava d’una comunità ben progettata, sviluppata da una civiltà evoluta. Il numero di antiche miniere d’oro suggerisce la ragione per cui la comunità si trovava in questa posizione. Troviamo le strade – alcune si estendono per un centinaio di miglia – che collegavano la comunità e l’agricoltura a terrazzamenti, molto simili a quelli trovati negli insediamenti Inca in Perù.
Ma una domanda necessita una risposta – come potrebbe tutto questo essere stato realizzato dagli esseri umani 200.000 anni fa?

La datazione del sito
Trovare i resti di una grande comunità, con ben 200000 persone che vivevano e lavoravano insieme, è stata una scoperta importante in sé. Ma la datazione del sito ha costituito un problema. La patina pesante sulle pareti di roccia suggeriva che le strutture dovessero essere molto vecchie, ma la scienza della datazione tramite la patina è solo in fase di sviluppo ed è ancora controversa. La datazione col carbonio 14 di sostanze organiche, come il legno bruciato, è alterata dalla possibilità che gli esemplari possano aver subito incendi recenti dell’erba circostante, che sono comuni nella zona.

La svolta arrivò inaspettatamente. Ecco come Tellinger la descrive:
“Johan Heine scoprì il Calendario Adam nel 2003, quasi per caso. Andava a cercare uno dei suoi piloti che si era schiantato con l’aereo sul bordo dell’altopiano. Accanto al luogo dello schianto Johan notò un gruppo molto strano di grosse pietre, sporgenti dal terreno. Mentre portava in salvo il pilota ferito da circa 20 metri sotto il bordo della rupe, Johan si avvicinò ai monoliti e subito si rese conto che erano allineati ai punti cardinali della Terra – nord, sud, est e ovest. C’erano almeno tre monoliti allineati verso il sorgere del sole, ma sul lato ovest dei monoliti allineati c’era un misterioso buco nella terra – mancava qualcosa.
Dopo settimane e mesi di misurazioni e di osservazioni, Johan concluse che le rocce erano perfettamente allineate con il sorgere e il tramonto del sole. Determinava i solstizi e gli equinozi. Ma il misterioso buco nel terreno era rimasto come un grande puzzle. Un giorno, mentre pensava alla ragione di quel foro, l’esperto locale di piste a cavallo, Christo, arrivò a cavallo e spiegò rapidamente a Johan che c’era una pietra dalla strana forma, che era stata rimossa dal luogo qualche tempo prima. Apparentemente era da qualche parte vicino all’ingresso della riserva naturale.
Dopo una lunga ricerca, Johan trovò la pietra antropomorfica (di forma umanoide). Era intatta e con orgoglio recava una targa, attaccata ad essa. Era stata utilizzata dalla Fondazione Blue Swallow per commemorare l’apertura della riserva Blue Swallow nel 1994. L’ironia è che era stata rimossa dal sito antico più importante trovato fino ad oggi, e misteriosamente era ritornata alla riserva – per motivi leggermente diversi.

La posizione esatta del calendario è indicata nel sito [URL=http://www.makomati.com]www.makomati.com[/URL]. I primi calcoli dell’età del calendario sono stati effettuati in base al sorgere di Orione, una costellazione conosciuta per le sue tre stelle luminose che formano la “cintura” del mitico cacciatore.
La Terra oscilla sul suo asse e quindi le stelle e le costellazioni cambiano il loro angolo di presentazione nel cielo notturno, in base alla congiuntura. Questa rotazione, denominata precessione, completa un ciclo ogni 26000 anni ca.
Se possiamo stabilire quando le tre stelle della cintura di Orione erano posizionati in orizzontale contro l’orizzonte, possiamo stimare il momento in cui le tre pietre del calendario erano in linea con queste stelle visibili.

Il primo calcolo approssimativo fu di almeno 25000 anni fa. Ma le misure nuove e più precise tendevano ad aumentare l’età. Il calcolo successivo è stato compiuto da un maestro archeo-astronomo, che vuole rimanere anonimo, per paura del ridicolo dalla Fraternità accademica. Il suo calcolo si è basato sul sorgere di Orione e ha suggerito un’età di almeno 75000 anni. Il calcolo più recente e più preciso, fatto nel giugno del 2009, suggerisce un’età di almeno 160000 anni, sulla base del sorgere apparente di Orione all’orizzonte – ma anche dell’erosione delle pietre di dolerite trovare sul sito.
Alcuni pezzi dei marcatori di pietra sono rotti e giacciono per terra, esposti all’erosione naturale. Quando i pezzi sono stati rimessi insieme, circa 3 cm di pietra era già stato portati via. Questi calcoli hanno aiutato a valutare l’età del sito dal calcolo del tasso d’erosione della dolerite.

Chi ha fatto la metropoli? Perché?
Sembrerebbe che gli esseri umani abbiano sempre apprezzato l’oro. È anche menzionato nella Bibbia, che descrive i fiumi del Giardino dell’Eden:
Genesi 2:11 – Il nome del primo [fiume] è Pishon; scorre intorno a tutto il paese di Havilah, dove c’è l’oro.
Il Sud Africa è conosciuto come il più grande paese produttore di oro al mondo. La più grande zona di produzione d’oro del mondo è il Witwatersrand, la stessa regione dove l’antica metropoli si trova. Infatti nelle vicinanze di Johannesburg, una delle città più note del Sud Africa, è anche un luogo chiamato “Egoli”, che significa la città d’oro.
Sembra molto probabile che l’antica metropoli sorgesse a causa della sua vicinanza con l’offerta d’oro più grande del pianeta. Ma perché gli antichi lavoravano così alacremente nelle miniere d’oro? Non si può mangiare. E’ troppo tenero da utilizzare per la produzione di utensili. Non è molto utile per qualsiasi cosa, tranne gli ornamenti e la sua bellezza fisica è pari con altri metalli come il rame o l’argento. Perché mai l’oro divenne così importante per i primi Homo sapiens?
Per cercare la risposta, abbiamo bisogno di guardare al periodo storico in questione – 160000 a 200000 anni a.C. – e scoprire ciò che stava accadendo sul pianeta Terra.

Com’erano gli esseri umani 160000 anni fa?
Possiamo rintracciare l’’uomo moderno, l’Homo sapiens, ossia i nostri antenati, indietro nel tempo, verso un punto in cui la nostra specie si è evoluta da altri, più primitivi, ominidi. Gli scienziati non capiscono perché questo nuovo tipo umano improvvisamente apparve, o come il cambiamento avvenne, ma siamo in grado di rintracciare i nostri geni sino ad una sola donna, che è nota come “Eva mitocondriale”.

Eva mitocondriale (mt-MRCA) è il nome dato dai ricercatori alla donna che è definita come l’antenato comune matrilineare più recente (MRCA) per tutti gli esseri umani attualmente viventi. Tramandato da madre a figlio, tutto il DNA mitocondriale (mtDNA) in ogni persona vivente è derivato da questo individuo di sesso femminile. Eva mitocondriale è la controparte femminile di Adamo Y-cromosomico, l’antenato comune patrilineare più recente, pur vivendo in tempi diversi.
Si crede che Eva mitocondriale sia vissuta tra 150000 a 250000 anni a.C., probabilmente in Africa orientale, nella regione della Tanzania e delle zone immediatamente a sud e ad ovest. Gli scienziati ipotizzano che vivesse in una popolazione di forse 4000-5000 femmine, in grado di produrre prole in un dato momento. Se altre femmine avevano prole con cambiamenti evolutivi del loro DNA, non abbiamo alcuna registrazione della loro sopravvivenza. Sembra che siamo tutti discendenti di questa femmina umana.
Eva mitocondriale sarebbe stata pressoché contemporanea deli esseri umani i cui fossili sono stati rinvenuti in Etiopia, nei pressi del fiume Omo e di Hertho. Eva mitocondriale visse molto prima dell’emigrazione dall’Africa, che potrebbe essersi verificata tra 60000 e 95000 anni fa.

La regione, in Africa, dove si può trovare il massimo livello di diversità mitocondriale (verde) e la regione in cui gli antropologi ipotizzano che la divisione più antica della popolazione umana abbia iniziato a verificarsi (marrone chiaro). L’antica metropoli si trova in quest’ultima regione (marrone), che corrisponde anche al periodo stimato in cui le mutazioni genetiche improvvisamente accaddero.
Potrebbe essere questa una coincidenza?

La storia antica sumera descrive l’antica metropoli e i suoi abitanti!
Sarò onesto con voi. Questa parte successiva della storia è difficile da scrivere. È così sconvolgente che la persona media non ci vuole credere. Se siete come me, vi consiglio di fare la ricerca voi stessi, e prendervi del tempo per permettere ai fatti di stabilirsi nella vostra mente.
Ci hanno spesso fatto credere che la nostra storia conosciuta comincia con gli egiziani – i Faraoni e le piramidi. Le dinastie più antiche risalgono a circa 3200 anni a.C. Si tratta di tanto tempo fa. Ma la civiltà sumera, in quello che oggi è l’Iraq, è molto più antica. Inoltre, abbiamo tradotto molte delle loro tavolette di storia, scritte in caratteri cuneiformi e in scritture precedenti, in modo da sapere molto sulla loro storia e leggende.

L’immagine del sigillo raffigura la leggenda del “Grande Diluvio”, che consuma l’umanità. Molte leggende sumere sono sorprendentemente simili alla Genesi. Come la Genesi, la leggenda sumera Atrahasis racconta la storia della creazione degli esseri umani moderni, non da un Dio d’amore, ma da esseri provenienti da un altro pianeta, che avevano bisogno di “lavoratori schiavi”, per aiutarli a lavorare nelle miniere d’oro per la loro spedizione extra-planetario!

Ho avvertito che questo è difficile da credere, ma per favore continuate a leggere.

Chi ha fatto la metropoli? Perché?
Questa storia, la Atrahasis, proviene da un’antica versione babilonese che risale circa al 1700 a.C., ma deriva certamente da più antichi testi dei Sumeri. Essa combina i motivi familiari sumeri della creazione del genere umano e del conseguente diluvio – proprio come la Genesi.
La storia inizia con gli “dèi” – esseri provenienti da un pianeta chiamato Nibiru – che scavano fossati e miniere per l’oro, come parte di una squadra di spedizione. I moderni esseri umani (homo sapiens) non esistevano ancora; solo ominidi primitivi vivevano sulla Terra. C’erano due gruppi di “divinità”, la classe dei lavoratori e la classe dirigente (cioè gli ufficiali). Gli dèi lavoratori avevano costruito le infrastrutture come pure lavoravano nelle miniere d’oro e, dopo migliaia d’anni, il lavoro era apparentemente troppo per loro.

Gli dèi dovevano scavare i canali
Dovevano tenere puliti i canali,
le arterie vitali della terra,
Gli dèi scavarono il letto del fiume Tigri
E poi hanno quello dell’Eufrate. – (Dalley 9, Atrahasis)

Dopo 3600 anni di questo lavoro, gli dèi finalmente cominciarono a lamentarsi. Decisero di scendere in sciopero, bruciando i loro strumenti e circondando la “dimora” del dio principale Enlil (il suo tempio). Il ministro di Enlil, Nusku, scosse Enlil dal letto e l’avvisò che la folla inferocita stava fuori. Enlil rimase spaventato. (Il suo volto è descritto: “olivastro come un tamerice”). Il ministrò Nusku consigliò Enlil di chiamare gli altri grandi dèi, soprattutto Anu (Dio del cielo) e Enki (il dio intelligente delle acque dolci). Anu consigliò ad Enlil di scoprire chi fosse il capo della ribellione. Mandarono Nusku fuori per chiedere alla folla delle divinità chi fosse il loro leader. La folla rispose: “Ciascuno di noi dèi vi ha dichiarato guerra!” (Dalley 12, Atrahasis).
Poiché la classe superiore degli dèi ora vedeva che il lavoro degli dèi di classe inferiore “era troppo difficile”, decisero di sacrificare uno dei ribelli per il bene di tutti. Essi avrebbero preso un solo Dio, l’avrebbero ucciso e ne avrebbero fatto il genere umano, mescolando la carne e il sangue del dio con l’argilla:

Belit-ili, la dea del grembo materno, è presente,
Lasciate che la dea del grembo materno crei la sua prole,
E lasciate che l’uomo sopporti il carico degli dei! (Dalley 14-15, Atrahasis)

Dopo che Enki li istruì sui rituali di purificazione per il primo, settimo e quindicesimo giorno d’ogni mese, gli dèi uccisero Geshtu-e, “un dio che aveva l’intelligenza” (il suo nome significa “orecchio” o “saggezza”) e formarono l’umanità dal suo sangue e dalla creta. Dopo che la dea della nascita mescolò l’argilla, tutti gli dèi si raccolsero intorno e sputarono su di esso. Poi Enki e la dea dell’utero presero l’argilla e la portarono nella “stanza del destino”, dove si riunirono tutte le dee del grembo materno.

Egli [Enki] calpestò l’argilla in presenza di lei;
Lei continuava a recitare un incantesimo,
Perché Enki, soggiornando in sua presenza, l’aveva obbligata a recitarlo.
Quando ebbe finito il suo incantesimo,
Estrasse quattordici pezzi d’argilla,
E mise sette pezzi a destra,
Sette a sinistra.
Tra di essi depose un mattone di fango. (Dalley 16, Atrahasis)

La creazione dell’uomo sembra essere descritta come una specie di clonazione o di quella che noi oggi chiamiamo fecondazione in vitro.
Il risultato fu un ibrido o “umano evoluto”, con maggiore intelligenza, che potesse svolgere le funzioni fisiche degli dèi lavoratori e anche prendersi cura delle esigenze di tutti gli dèi.
Ci viene detto, in altri testi, che la spedizione è venuta per l’oro, e che grandi quantità sono state estratte e spedite fuori del pianeta. La comunità in Sud Africa era chiamata “Abzu” ed era la posizione privilegiata delle operazioni minerarie.
Poiché questi eventi sembrano coincidere con le date di “Eva mitocondriale” (vale a dire dal 150000 al 250000 a.C.) e sembrano essere situati nella regione delle più ricche miniere d’oro del pianeta (Abzu), alcuni ricercatori pensano che le leggende sumere possano, infatti, essere basate su avvenimenti storici.

Secondo gli stessi testi, una volta conclusa la spedizione mineraria, fu deciso che la popolazione umana dovrebbe essere lasciata perire in un diluvio che era stato previsto dal astronomi degli “dèi”. A quanto pare, il passaggio ciclico del pianeta natale degli dèi, Nibiru, stava per portarlo abbastanza vicino all’orbita della Terra e la sua gravità avrebbe provocato una risalita (marea) degli oceani a inondare la terra, mettendo fine alla specie ibrida – homo sapiens.
Secondo la storia, uno degli “dèi” aveva simpatia per un essere umano particolare, Zuisudra, e lo avvertì di costruire una barca per cavalcare l’onda del diluvio. Questo divenne la base per la storia di Noè nel libro della Genesi. Fu un fatto veramente accaduto? L’unica altra spiegazione è immaginare che le leggende sumere, che parlano della vita su altri pianeti e della clonazione umana, fossero straordinarie creazioni di fantascienza. Questo sarebbe di per sé sorprendente. Ma ora abbiamo la prova che la città mineraria, Abzu, è reale e che esisteva nella stessa epoca dell’improvvisa evoluzione degli ominidi a homo sapiens.
Abbastanza da darci da pensare per un po’.

Fonte in italiano
Fonte originale

Incredibile che una scoperta così importante sia passata inosservata...

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