domenica 5 agosto 2012

Energia - L'industria dei combustibili fossili negli ultimi 10 anni, ha montato e finanziato una campagna coordinata per screditare le energie rinnovabili ed ostacolarne la crescita.


Un nuovo rapporto di SierraClub, la più grande e diffusa associazione ambientalista americana, spiega come negli ultimi 10 anni l'industria dei combustibili fossili abbia montato e finanziato una campagna coordinata per screditare le energie rinnovabili ed ostacolarne la crescita.
Il rapporto "Clean Energy Under Siege" rivela come Big Oil e King Carbon utilizzino contributi finanziari per campagne politiche ecoscettiche, falsi "think tank" di intellettuali, scienziati e di eco-scettici per condizionare l'opinione pubblica e screditare le energie rinnovabili.
«Questa campagna di disinformazione - dicono gli ambientalisti Usa - è attualmente evidente nella lotta per rinnovare il Production tax credit (Ptc) per l'energia eolica. Il Ptc contribuisce a sostenere gli oltre 75.000 posti di lavoro nel settore eolico, ma se il credito d'imposta non sarà rinnovato prima della fine di quest'anno, ben la metà di quelli posti di lavoro potrebbero andare perduti».
Il rapporto di Sierra Club segue la scia del denaro dai  grandi inquinatori ai politici ed non-profit front groups degli ecoscettici: «Per esempio, l'industria petrolifera e del gas ha speso più di 146 milioni dollari in lobbying solo nel 2011, mentre i magnati delle Big Oil David e Charles Koch, negli ultimi dieci anni e mezzo, ha dato almeno 85 milioni di dollari  a 85 "think tank" ed a gruppi di pressione di destra. Nel frattempo, organizzazioni come il Manhattan Institute e l' Heartland Institute, che difendono i sussidi per il petrolio mentre attaccano le energie rinnovabili, hanno ricevuto oltre 490€i ciascuno, a partire dal 1998, dalla compagnia petrolifera Exxon».
La bestia nera della lobby dei giganti statunitensi del petrolio del gas e del carbone sembra essere l'eolico, probabilmente è un'energia pulita, competitiva che ha avuto un forte impulso negli ultimi anni. Stati come l'Iowa e il South Dakota producono già il 20% della loro elettricità da energia eolica e l'industria del vento è sulla buona strada per produrre il 20% dell'elettricità di tutti gli Stati Uniti entro il 2030. Più di 400 fabbriche statunitensi costruiscono componenti per l'eolico e mantengono posti di lavoro locali.  
Presentando il rapporto, il direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, «"Dalla California alla Pennsylvania, l'occupazione nell'energia pulita è sotto attacco da parte dei gruppi di interesse combustibili fossili, anche se molti nel Congresso sono seduti a braccia conserte  mentre decine di migliaia di posti di lavoro americani sono in bilico. Sembra che questi membri del Congresso preferiscano servire gli interessi dei grandi inquinatori che finanziate le campagne che interessano le famiglie che lavorano. Questo deve finire subito. Il Congresso deve rimettersi in piedi per le decine di migliaia di americani i cui lavori sono in bilico e rinnovare il Production tax credit».
Comunque, secondo il rapporto, tutto questo attivismo lobbystico e questo enorme flusso di denaro è «Una testimonianza del successo e della rapida crescita delle risorse di energia pulita, che sono ora considerate come una minaccia sufficiente per attirare il fuoco di alcune delle più grandi e potenti corporations del pianeta». Ma questa offensiva arriva mentre le imprese delle rinnovabili e dell'efficienza energetica sono in grosse difficoltà davanti ad un'offensiva politica spregiudicata.
«I fratelli Koch, Exxon Mobil, Peabody Energy ed altri stanno facendo sul serio - scrive Sierra Club nel suo rapporto - Hanno risorse illimitate e abbiamo documentato che le stanno impegnando per minare l'energia pulita. E' evidente che di fronte ad un ambiente dove cane-mangia-cane e che dobbiamo rispondere con vigore tanto e aggressività, come coloro che vorrebbero vedere il vento, l'energia solare, geotermica, e altre sfumare verso il tramonto, un prodotto di un breve periodo della storia economica americana quando l'ambiente competitivo era un luogo accogliente per l'energia pulita».
Il momento è critico, anche se con più di un decennio di ritardo, l'Epa sta applicando il Clean Air Act Amendments del 1990 e l'industria del carbone è chiamata a pagare i costi sanitari e ambientali delle sue attvitàe delle sue centrali obsolete: Ormai le King Coal non sono più competitive e un gran numero di impianti a carbone Usa vengono chiusi, lasciando spazi di mercato che potrebbero essere occupati delle rinnovabili. «Sii tratta di una questione aperta se quel vuoto sarà colmato dall'energia pulita o solo da combustibili fossili leggermente meno cattivi - sottolinea il rapporto - I sostenitori e le industrie (delle rinnovabili) devono fare maggiori passi avanti per rispondere alle accuse sollevate dai conservatori sostenitori dell'anti-clean energy e dobbiamo gridare che le loro ipotesi sono insostenibili riguardo alla vera natura dei mercati dell'energia. Non dovrebbero essere in grado di nascondersi dietro la fantasia liberista,  quando il loro vero intento è ottenere un vantaggio competitivo e fare più soldi. L'energia pulita è veramente sotto assedio, ma mantiene il suo vantaggio intrinseco come miglior set di soluzioni per aiutarci ad affrontare un warming world  e le sfide che ne conseguono. La strategia dei "Mercanti del dubbio", come quelle sul tabacco, le piogge acide e la riduzione dell'ozono, finiscono per perdersi nelle perturbazioni del clima. Dobbiamo portare avanti l'innovazione e le risposte che danno gli americani quello che hanno sempre desiderato: l'energia che ci permette di vivere in modo moderno, ma che non sostiene io costi distruttivi con i quali il carbone e il consumo di petrolio gravano il nostro pianeta. I fratelli Koch non sembrano avere alcuna intenzione di assicurarci tutto questo». 

Global Warming - In Sicilia avvistato raro esemplare di gambecchio collorosso (Calidris ruficollis) un piccolo limicolo che di solito nidifica in Siberia.

Avvistato in Sicilia un piccolo limicolo che di solito nidifica in Siberia. Si tratta del rarissimo gambecchio collorosso (Calidris ruficollis) osservato nei giorni scorsi alla Riserva naturale orientata dei Pantani della Sicilia Sud orientale, da un gruppo di volontari della sezione Lipu di Ragusa. «L'esemplare, che solitamente nidifica nella tundra all'estremo Est della Siberia e sverna nel Sud-Est asiatico, in Australia e in Nuova Zelanda, si presentava nella sua splendida livrea riproduttiva caratterizzata da guance e petto rosso-arancio molto acceso ed è stato identificato in mezzo alle migliaia di altri limicoli appartenenti a diverse specie, tra cui il comunissimo gambecchio (Calidris minuta) e altre come piro piro boschereccio, pantana, cavaliere d'Italia e piovanello» hanno dichiarato dalla Lipu. L'evento è straordinario per l'Europa: in Italia rappresenta il secondo avvistamento della specie e in Sicilia il primo, hanno informato gli ambientalisti. Di solito, infatti, la rotta migratoria di questa specie attraversa tutta l'Asia nella porzione più orientale. Durante la migrazione alcuni individui, per ragioni ancora non completamente note, seguono a volte esemplari di specie simili (ad esempio il gambecchio comune) la cui rotta migratoria è invece tipicamente europea. «Auspichiamo che l'amministrazione regionale siciliana completi al più presto l'iter di regolamentazione della neonata riserva coniugando le esigenze di tutela della natura con il rispetto delle istanze dei produttori agricoli della zona - ha sottolineato Fulvio Mamone Capria, presidente Lipu - Questo consentirebbe all'Azienda foreste demaniali, l'ente gestore della Riserva naturale orientata dei Pantani della Sicilia Sud Orientale, di avviare quelle attività che è opportuno intraprendere per valorizzare l'enorme potenziale naturalistico dell'area». In effetti questo ennesimo avvistamento di specie rare o minacciate nell'area dei Pantani della Sicilia Sud Orientale è un'ulteriore conferma di come questo complesso sistema di specchi d'acqua costieri rappresenti una delle zone umide più importanti d'Italia.
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Alluvioni e siccità, la Corea del Nord è allo stremo



Seoul (AsiaNews/Agenzie) - La Corea del Nord è al limite della sopravvivenza: dopo mesi di siccità, le inondazioni che hanno colpito come ogni anno il Paese hanno distrutto abitazioni, ridotto in maniera drastica la quantità di acqua potabile a disposizione della popolazione e danneggiato in maniera irreparabile le poche colture sopravvissute a interi mesi senza acqua. Almeno 90 le vittime accertate e 60mila gli sfollati.
È il risultato della visita di un team delle Nazioni Unite nel Paese, che per la seconda volta in un mese ha chiesto alla comunità internazionale di donare "almeno 198 milioni di dollari americani" per le prime necessità.
Lo staff ha visitato le province più colpite, dove migliaia di case sono state spazzate via dalla pioggia e la popolazione è costretta a dormire in ripari di emergenza. Inoltre, sempre secondo i dati Onu, i due terzi dei nordcoreani continua a vivere con una continua e cronica mancanza di cibo.
Per Francis Markus, portavoce della Croce Rossa per l'Asia orientale, la criticità maggiore riguarda l'acqua potabile: "È un problema serissimo. Il sistema idrico è saltato e se non si interviene subito tutti i danni relativi all'acqua si abbatteranno sul Paese". Il riferimento è a malattie, coltivazioni distrutte e danni agli abitanti.
Gli organismi internazionali si sono appellati alla generosità delle nazioni occidentali, ma il problema è che la Corea del Nord - con le sue continue provocazioni militari - si è inimicata Stati Uniti e Corea del Sud. I due, maggiori donatori degli ultimi anni, hanno bloccato l'invio di aiuti umanitari come punizione per il programma atomico e i vari interventi bellici scatenati da Pyongyang.

Global warming - L'inquinamento del Mar Baltico , causa di epidemie di colera e gastroenterite.


Secondo lo  studio "Emerging Vibrio risk at high latitudes in response to ocean warming", pubblicato da Nature Climate Change, il riscaldamento del Mar Baltico sta causando un aumento di infezioni batteriche che possono portare ad epidemie di colera e gastroenterite.
Un team internazionale di ricercatori svedesi, finlandesi, spagnoli, britannici e statunitensi ha  scoperto che ogni aumento di un grado delle temperature del Mar Baltico è sto accompagnato da un aumento annuo del 200% delle vibrio-infezioni, che possono causare malattie gravi negli esseri umani che ingeriscono l'acqua o mangiare molluschi contaminati. 
I vibrioni si trovano generalmente nelle calde acque tropicali e del Mediterraneo (come ci ricordano le tristemente famose epidemie a Napoli e Bari) ma possono svilupparsi anche quando si riscaldano le acque alle latitudini più alte. Dal 1982 al 2010, la temperatura del Mar Baltico è aumentato di circa 2 gradi centigradi, facendo del Baltico il mare con  più veloce riscaldamento  dell'ecosistema marino fin qui esaminati, ovunque sulla Terra», dice lo studio.
Gli scienziati attribuito questo aumento in gran parte al global warming ed hanno detto di aspettarsi un ulteriore riscaldamento delle acque del Baltico a causa delle ondate di calore. Le malattie portate dai vibrioni sembrano quindi destinate a diffondersi e proliferare in climi temperati, seguendo il progressivo aumento delle temperature e dei mari. I ricercatori scrivono infatti su Nature Climate Change che «c'è una crescente preoccupazione circa il ruolo dei cambiamenti climatici nel portare malattie batteriche infettive trasmesse dall'acqua». 
I picchi del riscaldamento della superficie del Baltico registrati dal team «hanno coinciso con la comparsa inattesa di vibrio-infezioni nell'Europa settentrionale, molte delle quali raggruppate intorno alla zona del Mar Baltico. Il numero e la distribuzione dei casi corrispondono a stretto contatto con i picchi temporali e spaziali delle temperature della superficie del mare».  La ricerca conclude che «questo è tra la prime prove empiriche che il cambiamento climatico antropogenico sta portando all'emergere di vibrio-malattie nelle regioni temperate, attraverso il suo impatto sulle comunità batteriche residenti, il che implica che questo processo sta rimodellando la distribuzione delle malattie infettive a scala globale».
Craig Baker Austin, del Centre for environment, fisheries and aquaculture science britannico, ha spiegato alla Reuters che «gli aumenti apparentemente grandi che abbiamo visto nei casi durante gli anni  con un ondata di calore, tendono a indicare che il cambiamento climatico sta effettivamente portando le infezioni». Mentre gli studi sulle emissioni globali di gas serra dicono che le temperature medie superficiali degli oceani sono aumentate di circa 0,17 gradi nel periodo 1980-2010, il Baltico si è riscaldato tra gli 0,063 e gli 0,078 gradi all'anno tra il 1982 e il 2010, cioè tra i 6,3 e i 7,8 gradi in un secolo. Molti batteri marini si sono trovati così a prosperare nella bassa e poco salina acqua del Baltico diventata rapidamente "calda", una situazione acuita ancora dal cambiamento climatico che ha causato precipitazioni più frequenti e più pesanti, riducendo ulteriormente la salinità negli estuari dei fiumi e n elle zone umide costiere. Un vero e proprio brodo di coltura per i vibrioni.
Focolai di vibrioni sono già comparsi in regioni temperate del Cile e del Perù, nel nord di Israele, nel Pacifico che bagna il nord-ovest degli Usa e nella Spagna nord-occidentale. Tutti  casi che secondo  gli scienziati possono essere ricollegati al global warming. Baker Austin evidenzia che «"Pochissimi studi hanno esaminato il rischio di queste infezioni alle alte latitudini. Certo, le probabilità di avere un'infezione da vibrione sono considerate relativamente basse, e la ricerca si concentra più nelle aree in cui queste malattie sono endemiche o almeno più comuni».
Fino ad ora le precedenti vibrio-epidemie nelle regioni più fredde sono state spesso causate da un evento sporadico o da condizioni particolari, invece che una risposta a lungo termine al cambiamento climatico. Ma lo studio avverte che la situazione potrebbe evolversi rapidamente: «Questo perché gli effetti del global warming possono essere più pronunciati alle latitudini più alte e nelle zone in cui mancano dettagliati dati climatici storici».
Baker Austin conclude:  «C'è una crescente consapevolezza che il clima e l'emergere di alcune malattie infettive sono strettamente legati, ma in materia ci sono delle enormi lacune di dati che devono essere affrontate». 
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Global warming: le fioriture algali del Mar Baltico destinate ad aumentare


Un team di ricercatori danesi, tedeschi, olandesi, norvegesi e svedesi, coordinati da Karoline Kabel e Matthias Moros del Leibniz-Institut für Ostseeforschung Warnemünde, ha lanciato un nuovo allarme per il già stressato ecosistema del Mar Baltico:  «Un ulteriore global warming potrebbe portare allo sviluppo di maggiori fioriture algali blu-verdi e alla comparsa di condizioni con minore presenza ossigeno». 
In diverse aree del Baltico le fioriture algali sono già  un grosso problema e sono collegate all'aumento di vaste "dead zone", prive di ossigeno e dove ormai la vita è praticamente scomparsa. «In densità molto elevate, le fioriture algali possono decolorare l'acqua e prevalere, avvelenare o asfissiare le altre forme di vita nel mare», sottolineano i ricercatori.
Negli ultimi anni gli scienziati hanno notato un aumento dell'estensione e del numero delle enormi fioriture algali blu-verdi o di cianobatteri, dovute in parte ad una maggiore immissione nel Baltico di  sostanze nutrienti, soprattutto fosforo e azoto, provenienti dall'agricoltura intensiva. Ma anche le variazioni della temperatura sono un fattore chiave di questo disastro ambientale. Il team ha presentato su Nature Climate Change nuove prove a sostegno di questa teoria.  Gli scienziati sottolineano «Il ruolo svolto dalle temperature nel favorire l'incremento di sostanze nutrienti» dicono che «Un aumento senza sosta della temperatura non potrà che far peggiorare il problema».
Il bollettino scientifico dell'Ue Cordis scrive che il team di ricerca per i suoi studi ha utilizzato un nuovo metodo, il TEX-86, che ha reso possibili stimare con precisione le temperature del passato: «Le analisi di composti biologici sensibili alla temperatura trovati nei sedimenti potrebbero essere quindi usate per quantificare i passati cambiamenti della temperatura, in tempi in cui i termometri non erano disponibili. L'interpretazione delle informazioni sedimentarie è stata ulteriormente supportata dall'applicazione di modelli di ecosistemi, che sono stati usati per calcolare la sensibilità dell'ecosistema alla combinazione di temperatura e concentrazioni di sostanze nutrienti nel mar Baltico». 
Eystein Jansen del  Bjerknes centre for climate change  di Bergen, in Norvegia, sottolinea che «Per isolare l'effetto della temperatura, gli scienziati hanno dovuto far andare a ritroso nel tempo le loro ricerche fino a un periodo precedente all'agricoltura industrializzata su larga scala, prima che l'aumentato apporto di sostanze nutrienti avesse un'influenza importante. questo studio combina simulazioni di modelli di ecosistemi con studi sui climi del passato: "Si tratta di un lavoro eccitante e all'avanguardia che mostra l'utilità di combinare studi sulle naturali variazioni climatiche del passato con quelle che avvengono adesso e quelle che potrebbero avvenire in futuro. La maggior parte delle acque che scorrono lungo la costa della Norvegia meridionale hanno origine nel Baltico, quindi i risultati possono avere implicazioni anche in uno scenario più vasto».
Il Bjerknes centre  spiega che «utilizzando campioni di sedimenti che coprono gli ultimi 1000 anni di sedimentazione nel mar Baltico, gli scienziati essi sono riusciti a svelare periodi caldi nel passato anch'essi caratterizzati da fioriture algali e basso contenuto di ossigeno. Lo studio si spinge fino al periodo caldo medievale: da 1.000 a 800 anni fa. Nel periodo successivo, spesso chiamato la "Piccola era glaciale", le temperature nel Baltico crollarono di 3-4 gradi. Durante questa ondata di freddo le condizioni nel Baltico erano molto più salubri, fino a che le fioriture e le condizioni deossigenate non emersero nuovamente nel 20° secolo».
Sembra però che la presenza di fioriture algali vari da zona a zona: a giugno  i ricercatori del Centro di ricerca marina del Finnish environment institute  hanno annunciato che «il rischio di fioriture algali blu-verdi al largo della costa della Finlandia, specificatamente nel Golfo di Finlandia e attorno alla sua imboccatura, questa estate è prevalentemente moderato, molto inferiore rispetto alla scorsa estate., mentre non sono previste grandi fioriture nel Golfo di Botnia». Ma hanno anche fatto notare che «nelle zone a sud del Mare dell'Arcipelago e in quelle a nord del Mar Baltico vero e proprio c'è un notevole rischio di fioriture algali».

Global warming - Il plancton tropicale invade le fredde...acque dell'Artico


Dopo i batteri tropicali che vivono nel mar Baltico e che hanno causato un aumento rapido nei Paesi Baltici dei casi di infezioni tropicali come il colera e le gastroenteriti, ora si scopre che anche il plankton tropicale ha raggiunto i mari subpolari artici.

È, infatti, la prima volta che sono state scoperte specie tropicali di zoo-plankton che vivono e proliferano nelle acque dell'oceano Artico di fronte alle coste norvegesi. Lo hanno annunciato ricercatori americani, norvegesi e russi della Columbia University dopo aver pubblicato i risultati delle loro ricerche sul Journal of Micro Palaeontology (volume 31, n. 2, luglio 2012, pagg. 139-158). Lo zoo-plankton trovato appartiene alla specie «radiolaria», costituita da organismi microscopici che tendono ad aggregarsi fra di loro formando figure simili a piccole conchiglie e che si nutrono di micro-alghe e di batteri.

I campionamenti in mare sono stati effettuati nel 2010, quando una nave oceanografica polare norvegese aveva intrapreso una serie di ricerche marine nelle acque dell'oceano Artico a nord-ovest dell'arcipelago delle isole Svalbard, a circa metà strada tra l'Europa ed il Polo Nord. Nell'esaminare, poi, in laboratorio i campioni di acqua prelevati, i ricercatori hanno scoperto con sorpresa questo zoo-plankton tropicale che aveva differenti dimensioni e in differenti fasi di sviluppo. Quindi, questo tipo zoo-plankton tropicale, non solo aveva invaso le acque dell'Artico, ma aveva trovato anche le condizioni dell'ambiente marino adatte alla sua proliferazione, nonostante le apparenti condizioni proibitive di quelle aree polari.

I ricercatori hanno così dedotto che sicuramente lo zoo-plankton è stato trasportato dalla corrente del Golfo, ma il fatto che specie tropicali potessero sopravvivere nelle acque dell'Artico rappresenta un'evidente indicazione che le acque marine artiche si sono riscaldate e che l'ecosistema artico è in condizioni favorevoli anche alla proliferazione di micro-organismi tropicali. Tuttavia, potrebbe non essere così nella realtà, perché il riscaldamento marino potrebbe far parte di un ciclo periodico in cui il flusso delle acqua calde della corrente del Golfo è talmente intenso da penetrare le acque fredde dell'Artico.

Le verifiche condotte hanno, però, mostrato che la temperatura media delle acque dell'Artico (e non solo quelle interessate dalla corrente del Golfo) è aumentata di 5 °C in questi ultimi 60 anni, vale a dire che c'è stato un tasso di riscaldamento pari a ben 0,83°C per decennio, ovvero 8,3°C per secolo, un incremento, questo, molto elevato soprattutto se si tiene conto che nel frattempo c'è un continuo apporto di acque fredde provenienti dallo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, oltre che di quelli marini dell'Artico. Insomma, le condizioni termiche marine sono tali che anche impulsi più intensi della corrente del Golfo, che in passato avrebbero avuto durata limitata, ora si trovino nella condizione di poter persistere molto più a lungo nel tempo.

Anche se non vi è certezza di una correlazione tra invasione del plankton tropicale e riscaldamento del clima, i risultati di questa ricerca sono compatibili con gli effetti dei cambiamenti climatici ed ambientali in corso. Occorrono ovviamente conferme successive per verificare se si tratta di un episodio effettivamente isolato oppure di una nuova situazione dell'Artico.

(Fonte Enea Eai)

Reggio Emilia - Scia di luce attraversa l'orizzonte.



Reggio Emilia, 13 luglio 2012 - UN BOLIDE luminoso sulle colline matildiche. Con tanto di mistero. Il fenomeno è accaduto mercoledì sera, quando una scia di luce ha attraversato l’orizzonte con direzione da sud a ovest. L’oggetto è stato visibile in particolare nella fascia pedecollinare di Quattro Castella e nella prima parte di pianura, nei dintorni di Bibbiano e San Polo.
 Sono stati in molti, a Roncolo, durante il mercatino, a notare la traccia luminosa, visibile per parecchi secondi. La parabola dell’oggetto ha raggiunto la provincia di Parma e disegnato nel buio una «via astrale». In quel momento il campanile della chiesa stava battendo le dieci.
L’attenzione degli appassionati delle cose del tempo andato è così passata dalle bancarelle al cielo. Alcuni commenti hanno aggiunto una spruzzata di giallo a quello che, con tutta probabilità, si rivela il transito di una meteora che ha impattato con l’atmosfera.
Cosa frequente, durante l’estate, e che viene osservata con maggiore facilità per l’abitudine di trascorrere le serate all’aria aperta alla ricerca di frescura. «Sarà anche un meteorite, però qualche giorno fa, qui vicino, sono apparsi strani segni nei campi, come quelli che si vedono nelle trasmissioni in tv», dice un uomo mentre acquista alcuni romanzi in vista delle ferie.
«Se crede agli omini verdi ho delle storie di fantascienza, belle e che costano poco», butta lì venditore, dall’altra parte del banchetto. Narrativa, visitatori da altri mondi e enigmatiche tracce sulle colline: si accende il dibattito. E dal bolide, tutte le indicazioni portano alla strada che collega il centro di Montecavolo a Salvarano. «Quando ho finito di lavorare, vado spesso a fare una passeggiata e l’altro giorno ho visto delle strane bruciature, che sembravano dei cerchi», dice una ragazza. «Per me hai visto troppe puntate di ‘Voyager’», replica ridendo il fidanzato.

«STRANI SEGNI» e «bruciature» comunque spiccano nei campi e sono la meta delle passeggiate tardo pomeridiane di qualche curioso. Spiccano nitidamente per la tonalità giallastra rispetto al verde circostante. Difficile però metterle in rapporto con il bolide luminoso, probabilmente una meteora causata dallo sciame di Geminidi, che in questo scorcio dell’anno è ben visibile. Ma va da sè che ogni estate, con il caldo, porta immancabilmente anche un tocco di mistero che ha il sapore delle vacanze.

 

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