martedì 27 dicembre 2011

Terremoti - Nuovo studio dei legami tra i punti di contatto delle placche .


Ogni giorno il nostro pianeta è scosso da innumerevoli sommovimenti della crosta terrestre, alcuni impercettibili, altri enormi e distruttivi. Da quando la tettonica a zolle come meccanismo all’origine dei movimenti della crosta terrestre è diventata molto più di una ipotesi, è chiaro agli studiosi come gli eventi più catastrofici avvengano in corrispondenza delle linee di contatto fra due placche. È proprio lo scorrimento di due placche in sensi inversi ciò che provoca le immani tragedie di cui periodicamente il mondo è spettatore o vittima. I movimenti delle placche sono infatti lentissimi, e i materiali ai bordi di due placche adiacenti nel tempo tendono a unirsi sempre di più: proprio per questo, quando l’unione diventa molto forte anche l’attrito dovuto al crescere dell’età di contatto cresce, e con esse l’energia immagazzinata, che viene liberata in modo repentino e devastante. È in questi casi che si hanno i terremoti più gravi.
Eppure, anche se il meccanismo responsabile dei terremoti più distruttivi è abbastanza chiaro nelle sue linee macroscopiche generali, manca la conoscenza scientificamente dettagliata della sua origine. Non si sa infatti in che modo due corpi adiacenti stabiliscano un legame così forte da dover essere spezzato da una forza tanto distruttiva e di che tipo siano i legami che si stabiliscono fra materiali omologhi o differenti.
L’aiuto in questa ricerca è venuto da un gruppo di fisici e ingegneri meccanici, guidati da Robert Carpick del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Scienze Applicate della Università della Pennsilvanya, dai due geologi della Brown University, Terry Tullis e David Goldsbye, e da Qunyang Li, Professore Associato alla Scuola Aerospaziale dell’Università di Tsinghua, Cina, che ha curato tutta la parte di modellizzazione e sperimentale.  L’eterogeneità del gruppo è dovuta al fatto che i fisici e gli ingegneri si sono trovati a lavorare insieme dopo un incontro fortuito di Carpick con Tullis durante un convegno. È stato lì che si sono resi conto che le conoscenze di un gruppo potevano servire all’altro.
Quello che si conosce del fenomeno dell’aumento dell’attrito nel tempo è riassumibile in due immagini differenti del fenomeno: una quantitativa e una qualitativa. La prima si genera partendo dall’ipotesi che due corpi a contatto stabiliscano un legame uno con l’altro in punti a livello microscopico, e che questi legami siano innumerevoli; secondo questa ipotesi, perciò, la resistenza allo scorrimento crescerebbe perché cresce il numero di punti che si uniscono fra le due facce di due corpi a contatto. Nella seconda immagine, invece, si ipotizza che la resistenza cresca nel tempo perché cresce la forza dei legami microscopici che si stabiliscono.
Il gruppo dei meccanici-fisici possiedono infatti uno strumento di misura che si è rivelato perfetto per indagare a livello microscopico quello accade a due superfici che aderiscono l’una all’altra: il microscopio a forza atomica, che funziona come il braccio di un vecchio giradischi, con una sottilissima punta sensibile alle forze molecolari. L’esperimento condotto dal gruppo per studiare l’evoluzione temporale della connessione fra materiali, omologhi e non, ha portato a risultati molto interessanti. Invece di usare vere e proprie lastre di materiali, hanno realizzato una punta di silice del microscopio e l’hanno pressata a contatto con superfici di materiali diversi -silice, grafite e diamante- andando a verificare il grado di frizione che sperimentava nello scorrimento.
La scelta di diamante e grafite è stata non casuale: poiché sono materiali chimicamente inerti, ogni aumento di frizione con la punta di silice sarebbe dovuto a un aumento del numero di punti di contatto e non della forza del legame chimico. L’esperimento ha così evidenziato una differenza netta nell’aumento con il tempo della resistenza allo scorrimento, in quanto questo aumento si è potuto registrare solo nel caso silice su silice, mentre negli altri due casi l’attrito misurato risultava sostanzialmente invariato nel tempo.
«Se l’aumento dell’attrito nel tempo fosse dovuto all’espansione dell’area di contatto - commenta Li - si dovrebbe notare un comportamento analogo anche nei casi silice su diamante e silice su grafite. Si potrebbe vedere un maggiore aumento nel tempo con il diamante, poiché è più rigido, cosa che porterebbe a un lievemente maggior livello di stress sulla silice, causando una maggior deformazione sulla punta», ma questo non si è visto. Diamante e grafite si sono comportati allo stesso modo.
L’aumento dell’attrito nel tempo di silice su silice ha dovuto però conciliarsi con un ulteriore problema emerso: tale aumento infatti non si verifica agli stessi livelli nei casi macroscopici della sismologia. Perché? La soluzione sta nel fatto che non tutti i punti di contatti sono uguali. Due punti di contatto sulla stessa superficie vicini l’uno all’altro risentono della presenza l’uno dell’altro. Questo accoppiamento elastico implica che solo alcuni punti in un’area di contatto resisterà allo scorrimento alla sua migliore capacità e che alcuni inizieranno a scorre prima, altri dopo, ma molto difficilmente scorreranno contemporaneamente.
Il livello complessivo di resistenza dipende non solo dalla massima resistenza che ogni punto può fornire, ma anche dal ristretto numero di punti di contatto in grado di fornire tale resistenza. «Quando consideri molti punti - dice Carpick - tutti potrebbero avere questo effetto di invecchiamento, ma quando tenti di spezzarli, puoi notare come solo una piccola parte raggiunge quel livello così alto in ogni momento. Perciò c’è bisogno di un effetto molto grande sul singolo punto per ottenere un effetto modesto su scala macroscopica».
La conclusione è quasi profetica e in qualche modo testimonia un trend in atto nella scienza da diversi anni: la modellizzazione sulla base dei metodi usati in fisica di discipline differenti, come per esempio già accade in alcuni rami della biologia. «Se possiamo comprendere la fisica di base - dice infatti Tullis -, le equazioni basate su quella fisica potrebbero essere estrapolate e usate al di là dei confini del laboratorio; potremmo usarle con più confidenza in tutti i modelli di terremoti usati finora».




lunedì 26 dicembre 2011

Bolide luminoso illumina i cieli d'Europa la notte di Natale (2)

Secondo alcuni esperti il bolide luminoso avvistato in varie parti d'Europa (italia compresa), non sarebbe altro che il prodotto della caduta di  residui spaziali di un  satellite russo. Qui di seguito due video provenienti dal nord Europa.

domenica 25 dicembre 2011

Bolide luminoso illumina i cieli d'europa la notte di Natale.


Donaueschingen (Germania), 25 dic 2011 - In molti, e da molti regioni della Germania hanno visto una misteriosa scia luminosa nel cielo notturno di Natale. Qualcuno ha pensato sorridendo alla Stella Cometa, qualche altro alla scia di un ufo, qualcuno - più razionale - ad un rottame dello spazio in caduta libera o, a vedere dall'unica immagine a disposizione, un aereo a reazione che volava a bassa quota.
In ogni caso, ancora nessuna spiegazione dell'evento confermato dal ministro dell'Interno tedesco, il quale ha affermato che «l'avvistamento a Donaueschingen è in fase di studio». L'unica immagine a disposizione, è del fotografo dell'agenzia Epa, Jens Borchers.
FONTE

domenica 18 dicembre 2011

Germania - Atteso uragano "Joachim"



In queste ore l'uragano "Joachim" sta passando tra Francia (Passo di Calais) e Germania, dove è atteso per la giornata di oggi.
L'allarme è di massima allerta nel centro-sud del Paese, come riferisce l'agenzia DPA, specialmente nelle zone di Dusselforf, Hannover, e la parte settentrionale della capitale, Berlino.
Nella Renania-Palatinato si attendono venti ad oltre 200 km all'ora. Molte strade sono state chiuse al traffico a scopo precauzionale e tutti gli organismi di soccorso sono in stato di massima attenzione.
In Francia "Joachim" ha colpito in particolare in nord-ovest del Paese, con venti oltre i 130 km all'ora. Oltre 200.000 abitazioni sono rimaste senza alimentazione elettrica e nella notte una nave mercantile battente bandiera maltese, che trasporta pietrisco, è naufragata non lontano dalla costa. Colpita specialmente la Bretagna, forti ritardi e disagi nei trasporti pubblici, strade interrotte.

sabato 17 dicembre 2011

La cometa Lovejoy evita il Sole ritornerà tra 8 secoli





Era stata avvistata per la prima volta qualche giorno fa da un astrofilo dilettante australiano, Terry Lovejoy, che ha avuto il privilegio di regalarle il suo nome. Lovejoy è una piccola cometa del diametro di 200 metri, che aveva puntato dritto verso il Sole. Durante la sua breve parabola è anche diventata una star di Twitter: esperti e semplici appassionati scommettevano sul web se avrebbe impattato contro il sole sciogliendosi completamente (il nucleo delle comete è fatto di ghiaccio).

Alla fine Lovejoy è riuscita a sopravvivere, scampando la notte scorsa all’incontro ravvicinato col Sole dopo averlo circumnavigato. L'hanno immortalata i telescopi della Nasa, che hanno ripreso le varie fasi del possibile suicidio scampato. Certo, ne è uscita molto ridimensionata, vedendo evaporare il 90% della sua massa, ma almeno potrà ripresentarsi all’appuntamento con la nostra stella tra 800 o 900 anni.

domenica 16 ottobre 2011

Terremoto - Scossa nella notte vicino Roma.


Il terremoto che ha colpito Roma invece, è stato registrato dai sismografi dell’Ingv  alle 3 e 41 di notte. Il sisma, di magnitudo 2.1, ha colpito il distretto sismico dei Monti Cornicolani Aniene, e ha fatto registrare l’epicentro alle coordinate 42.052°N, 12.614°E. Il terremoto è stato avvertito in molte zone della capitale, in particolare a Mentana, Monterotondo, Riano e Fonte Nuova. Ma anche Fara in Sabina, Capena, Castelnuovo di Porto, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Guidonia Montecelio, Marcellina, Montelibretti, Moricone,   Morlupo, Nazzano,  Palombara Sabina, Sacrofano, Sant’Angela Romano e Torrina Tiberina.



Leggi tutto: http://www.cronacalive.it/terremoto-nella-notte-scosse-a-roma-e-siracusa.html#ixzz1axMoWaCe

giovedì 13 ottobre 2011

Le epidemie di oggi discendono da quella del Medioevo ..

Nelle antiche fosse comuni di East Smithfield hanno riesumato cinque scheletri di abitanti di Londra morti di peste bubbonica tra il 1349 e il 1350. Dalla loro polpa dentale sono risaliti al dna del batterio della peste nera (versinia pestis) che quasi 700 anni fa fece 50 milioni di morti in Europa. I ricercatori della canadese McMaster University hanno così potuto completare il genoma del batterio killer arrivando alla conclusione che non è così diverso da quello che causa le pestilenze che, in giro per il mondo, ancora oggi causano circa 2.000 morti ogni anno.
"Si tratta dell'antenato di tutte le pestilenze moderne - hanno commentato i ricercatori -. Ogni esplosione epidemica attuale di peste discende oggi da quella medievale". Sulla base dei loro studi hanno anche compreso che la peste medievale era di un ceppo diverso rispetto a quella, la cosiddetta "peste di Gisutiniano", che nell'impero romano d'Oriente, nel sesto secolo dopo Cristo, causò la morte - secondo gli storici - di circa 100 milioni di persone.
Questo spiegherebbe perché nel Trecento non si conservava tra la popolazione la "memoria immunitaria" della peste che aveva mietuto milioni di vittime 700 anni prima. 
FONTE

domenica 9 ottobre 2011

Paleontologia - Sardegna trovato scheletro di 9000 anni fa.





Cagliari, 9 ott. (Adnkronos) - Lo hanno battezzato 'Amsicora' perché è tornato alla luce del sole dopo circa 9000 anni di buio e silenzio sotto terra. Amsicora perché ''è il messaggero del passato che ci rivelerà la storia delle popolazioni più antiche della Sardegna''.
Che la scoperta sia di eccezionale valore scientifico internazionale lo dimostrano gli anni: 9000 si suppone e, se la datazione verrà confermata dagli esami scientifici, si dovrà riscrivere un intero capitolo della preistoria: quello del più antico popolamento della Sardegna.
I resti di Amsicora sarebbero infatti il ''più antico ritrovamento umano in Sardegna nel periodo di transizione tra il Neolitico e il Mesolitico'', ovvero tra 10mila e 8200 anni fa. E' la professoressa Rita Melis, geoarcheologa del Dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Cagliari, che racconta all'Adnkronos, la scoperta dei resti umani fatta venerdì scorso a Su Pistoccu, nella marina di Arbus, a pochi metri dalla battigia della Costa Verde, nel sud-ovest della Sardegna.
Una campagna di scavi breve, resa possibile grazie ai contributi dalla Provincia del Medio Campidano, da quelli dell'Università di Cagliari e della Sapienza di Roma e dalla tenacia di Rita Melis e della collega Margherita Mussi del Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università la Sapienza di Roma, che da più di 15 anni portano avanti una ricerca sul più antico popolamento della Sardegna, su autorizzazione del ministero dei Beni Culturali e con la collaborazione della Sopraintendenza dei Beni Archeologici di Cagliari.
Il sito era già noto agli archeologi perché nel 1985 alcuni ragazzi che giocavano sulla spiaggia trovarono, in una parete di arenaria franata dopo un temporale, dei resti umani. Fu allora che il Gruppo Archeologico Neapolis di Guspini, in provincia del Medio Campidano, recuperò lo scheletro di un uomo di circa 40 anni, che battezzarono Beniamino, conservato poi in un teca presso la loro sede di Guspini. Beniamino era interamente ricoperto di ocra rossa, accompagnato da una grande conchiglia di Trion, successivamente restaurata a cura del laboratorio della Soprintendenza di Li Punti (Ss), e da frammenti di ossa di Prolagus sardus, un piccolo mammifero estinto. Il prelievo 'poco scientifico' e la conservazione successiva di Beniamino fecero danni irreparabili: ''Non è stato possibile datarlo con certezza al C14 - spiega Rita Melis - perché privo di collagene''. Nel 2002 Vincenzo Santoni, allora Soprintendente ai Beni culturali di Cagliari, diede incarico alle due ricercatrici di studiare il sito.
La campagna di scavo, nel 2007 permise il recupero di altri resti umani concrezionati che furono datati a circa 8400 anni fa presso il laboratorio Nsf dell'Università di Tucson, Arizona. Questa età fu confermata anche dalla datazione dei livelli carboniosi presenti nella stratigrafia del sito. Quest'anno con l'autorizzazione del Ministero dei beni culturali e della Sovrintendenza di Cagliari e il contributo della Provincia del Medio Campidano le due scienziate, Melis e Mussi, hanno iniziato una campagna in primavera con gli allievi della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell'Università di Cagliari e un'altra questa settimana, aiutate da Giorgio Orrù, del Gruppo Archeologico Neapolis. ''Da subito, dopo aver ritrovato le conchiglie di un corredo funerario abbiamo capito che c'era qualcosa di importante - spiega Melis - e abbiamo indirizzato le ricerche in un punto ben preciso. E' stata così messa alla luce la parte di uno scheletro''.
''Dobbiamo valutare - spiega Margherita Mussi - se si tratti di una sepoltura vera e propria oppure di una deposizione funebre di un individuo lasciato in una grotta con una serie di offerte: testimonianza queste di un rito di cui si hanno evidenze nella preistoria più antica''.
Questo studio rientra nell'ambito delle ricerche che da anni le due studiose stanno portando avanti sulle ricostruzioni paleoambientale e climatico della Sardegna e sul popolamento delle isole del Mediterraneo durante l'Olocene antico. E' questo un periodo di improvvisi cambiamenti climatici che influenzarono la vita delle popolazioni di allora. ''Questa scoperta - prosegue Melis - ha una rilevanza internazionale perchépermette di comprendere un aspetto ancora poco conosciuto del primo popolamento della Sardegna: un'isola lontana dal continente che, diversamente dalla Sicilia, non è facilmente raggiungibile e presentava una fauna selvatica caratterizzata da pochissime specie molto particolari''.
''Ora verrà portato avanti uno studio multidisciplinare - continua Melis - al fine di acquisire ulteriori informazioni sia sul contesto paleoambiantale che sui rapporti diretti e indiretti con le popolazioni coeve del territorio europeo. Ad esempio l'analisi degli isotopi stabili delle ossa, peraltro molto costose, così come la ricerca del paleo Dna, permetteranno di sapere cosa mangiavano, da dove venivano e come si spostavano''.


martedì 4 ottobre 2011

Civitavecchia (Roma) - Avvistato un meteorite.

Grande stupore, domenica sera, per gli abitanti di Civitavecchia. Attorno alle 19.50, infatti, è stato avvistato un grosso meteorite (Bolide) che, provenendo da Ovest con un'inclinazione di circa 30 gradi, ha solcato il cielo della città per circa tre secondi, con una chioma azzurro/verde e una coda rossastra, per poi sparire all'orizzonte lasciando una lunga scia di polvere e gas.

domenica 2 ottobre 2011

La via che collega il cancro al diabete.

Due proteine che favorisco l’insorgere del cancroabbassano le probabilità di sviluppare il diabete. Si chiamano Lin28a Lin28be sono tra le prime molecole a mettere in collegamento le due patologie. A identificare la via comune tra cancro e diabete sono stati i ricercatori dellaHarvard Medical School(Usa) guidati da George Daley, analizzando il metabolismo del glucosio in alcuni topi transgenici. Lo studio è stato pubblicato su Cell.

L'idea che cancro e diabete condividessero qualche processo biologico è diffusa da tempo, e nasce soprattutto da un osservazione: le cellule, acquisendo il fenotipo tumorale, cambiano il loro modo di utilizzare il glucosio. In particolare, le cellule cancerose ne assumono di più, una strategia che permetterebbe loro di crescere più velocemente (un fenomeno noto come “effetto Warburg”).

Nello studio, i ricercatori hanno focalizzato l’attenzione su due proteine: Lin28a e la Lin28b. Si tratta di due molecole che agiscono bloccando un microRNA (cioè un piccolo pezzetto di Rna che regola l'espressione genica) chiamato Let-7; questo viene espresso nelle cellule staminali e ha una funzione protettiva verso il cancro. Bloccando Let-7 con alti livelli di Lin28, viene quindi meno uno dei freni alla formazione della neoplasia.

Sulla base di questi dati, i ricercatori hanno creato dei topi transgenici capaci di produrre alti livelli di Lin28 (entrambe le forme, la “a” e la “b”). Per capire se questa via molecolare fosse legata anche al diabete, gli scienziati hanno poi sottoposto i topi a una dieta a elevato contenuto di grassi, osservando che i roditori diventavano particolarmente grossi, ma non obesi, e non sviluppavano forme diabetiche o prediabetiche. Al contrario, nei topi in cui le proteina Lin28a era stata silenziata (o anche quelli in cui Let-7 era espressa ad alti livelli) il metabolismo del glucosio era compromesso, con l'insorgere di forme di insulino-resistenza, condizione considerata l'anticamera del diabete di tipo 2.

Riferimenti: Cell DOI 10.1016/j.cell.2011.08.033

Nessun asteroide in direzione Terra, dice la NASA


Evitata all’ultimo momento la pioggia di frammenti satellitari, che dovevano colpire l’Italia ma che si sono poi inabissati nel Pacifico del sud, arrivano questa settimana anche le rassicurazioni dell’agenzia spaziale americana, secondo cui il numero di asteroidi che minaccia di schiantarsi sul pianeta Terra è inferiore alle previsioni.
Gli scienziati della NASA hanno, infatti, completato un nuovo censimento astronomico, grazie al lavoro della navicella spaziale WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer), della popolazione di asteroidi che orbita vicino alla terra. Queste nuove osservazioni hanno permesso agli astronomi di identificare con successo oltre il 90% degli asteroidi di taglia larga, per un totale di 981 mega-asteroidi.
“Sappiamo che non c’è n’è nessuno che pone un rischio imminente di impatto”, ha dichiarato a ABC News Amy Mainzer della NASA. “Il Pianeta X non sta venendo a distruggerci”.
Secondo la NASA, siamo inoltre circondati da meno asteroidi di dimensioni medie di quanto immaginato, solo 19.500, poco più della metà dei 35.000 previsti dalle stime iniziali.
WISE è stato lanciato nel 2009, e sta mappando tutti gli oggetti celesti che ci circondano con un telescopio da sedici pollici e quattro rivelatori infrarossi che sono cento volte più potenti di quelli presenti sui velivoli precedenti. Costata 320 milioni di dollari, la missione WISE sta gettando le basi per il piano del Presidente Obama di mandare una spedizione umana a visitare un asteroide entro il 2025. Questo nuovo censimento astronomico dovrà anche aiutare a identificare gli asteroidi più adatti a ospitare degli essere umani.

sabato 1 ottobre 2011

Terremoto sull’Himalaya, alluvioni e frane fermano i soccorsi.

Darjeeling (AsiaNews) – Migliaia di persone hanno passato la notte all’addiaccio, sotto le piogge torrenziali, dopo il terremoto di magnitudo 6.9 che ieri ha colpito le regioni himalayane dell’India, nel Nepal e del Tibet. Al momento, il bilancio totale parla di 80 morti, di cui almeno 50 dello Stato indiano del Sikkim, e più di 100mila case danneggiate. Uno scenario “devastante”, per p. Felix Baretto, vicario generale della diocesi di Darjeeling e parroco della chiesa S. Tommaso apostolo a Gangtok (zona orientale di Sikkim).

“Questa mattina – racconta il sacerdote – ho partecipato al funerale della 28enne Nirmala Tamang, moglie del pastore BB Tamang. È rimasta uccisa quando la Chiesa dei credenti, ad Ambithang Mangan, è crollata per il terremoto”.

Al momento, il problema più grave resta quello degli aiuti, resi molto problematici dalle alluvioni che non accennano a fermarsi. “La maggior parte delle zone – spiega p. Baretto – è inaccessibile a causa di frane e smottamenti: il fango ha invaso le strade e l’unico modo per raggiungerle sono gli elicotteri. Molti operai della centrale idroelettrica, a un’ora da Mangan (un’area militare), sono morti assiderati mentre aspettavano i soccorsi”. Domani un gruppo della Caritas incontrerà il district collector di Mangan, per cercare di accordarsi su rifornimenti e assistenza, insieme alla Chiesa locale.

Da ieri, molte regioni del Sikkim – lo Stato che ha riportato le perdite più gravi, con almeno 30 persone morte e 100 ferite – sono al buio e le linee telefoniche via terra sono state interrotte. Nelle ultime ore, anche il traffico mobile locale ha problemi, intasato dalle richieste di aiuto della gente, ormai in preda al panico.

Oltre all’India, anche il Nepal e il Tibet contano le loro vittime. Il governo nepalese fa sapere che sarebbero 11 le persone morte. L’agenzia ufficiale cinese Xinhua riferisce di 7 tibetani morti e altri 24 rimasti feriti. 

sabato 6 agosto 2011

Florida (USA) - Trovato frammento di osso di 12mila anni con immagine di un mammut

Un frammento di osso trovato a Vero Beach, in Florida, datata di almeno 13 mila anni vecchio, mostra una immagine scolpita di un mammut o mastodonte e può essere il primo del suo genere si trovano in Nord America. 
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L'incisione, circa 13.000 anni, è di 3 centimetri di lunghezza dalla cima della testa alla punta della coda, e 1,75 centimetri di altezza dalla cima della testa verso il fondo della zampa anteriore destra.(Credit: Chip Clark / Smithsonian)

I ricercatori della Smithsonian Institution e dell'Università della Florida hanno annunciato la scoperta di un frammento osseo, circa 13.000 anni, in Florida con l'immagine incisa di un mammut o mastodonte.Questa incisione è l'esempio più antico e conosciuto solo di arte Ice Age per descrivere una proboscidean (l'ordine di animali con tronchi) nelle Americhe. Ricerca del team è stato pubblicato online il Journal of Archaeological Science .

L'osso è stato scoperto a Vero Beach, in Florida da James Kennedy, un cacciatore di fossili non professionali, che ha raccolto l'osso e più tardi durante la pulizia l'osso, ha scoperto l'incisione.Riconoscendo l'importanza potenziale, Kennedy contattato scienziati dell'Università della Florida e dello Smithsonian Museum Conservation Institute e il National Museum of Natural History.
"Si tratta di una scoperta incredibilmente eccitante", ha detto Dennis Stanford, antropologo presso il Museo Nazionale dello Smithsonian di storia naturale e co-autore di questa ricerca. "Ci sono centinaia di raffigurazioni di proboscidati sulle pareti delle caverne scavate nelle ossa e in Europa, ma nessuno da America - fino ad ora."
L'incisione è di 3 centimetri di lunghezza dalla cima della testa alla punta della coda, e 1,75 centimetri di altezza dalla cima della testa verso il fondo della zampa anteriore destra. L'osso fossile è un frammento di un osso lungo di un mammifero di grandi dimensioni - più probabile sia un mammut o mastodonte, o meno probabile un bradipo gigante. Una precisa identificazione non è stato possibile a causa della condizione frammentata l'osso e la mancanza di caratteristiche diagnostiche.
"I risultati di questa indagine sono un ottimo esempio del valore della ricerca interdisciplinare e la collaborazione tra gli scienziati", ha detto Barbara Purdy, professore emerito di antropologia presso l'Università della Florida e autore principale della ricerca del team. "C'è stato espresso scetticismo circa l'autenticità delle incisioni con l'osso fino a quando si è esaminato esaurientemente da archeologi, paleontologi, antropologi forensi, ingegneri scienza dei materiali e degli artisti."
Uno degli obiettivi principali per il gruppo di ricerca è stato quello di indagare i tempi di incisione - era antico o è stato recentemente inciso per imitare un esempio di arte preistorica?In origine era trovato vicino a un luogo, conosciuto come il Vecchio Sito Vero, dove ossa umane sono stati trovati fianco a fianco con le ossa di animali estinti dell'era glaciale in uno scavo 1913-1916. Il team ha esaminato la composizione elementare dei osso inciso ed altri del vecchio sito Vero.Hanno anche usato la microscopia ottica ed elettronica, che non ha mostrato alcuna discontinuità nella colorazione tra le scanalature intagliate e il materiale circostante. Questo indica che entrambe le superfici di età compresa tra simultaneamente e che i bordi della scultura sono stati indossati e non ha mostrato segni di essere scolpito da poco o che i solchi sono stati realizzati con strumenti di metallo.
Crede di essere genuino, questo raro esemplare fornisce la prova che le persone che vivono nelle Americhe durante l'ultima era glaciale ha creato immagini artistiche degli animali che cacciavano. L'incisione è di almeno 13.000 anni, come questa è la data per l'ultima apparizione di questi animali nella parte orientale del Nord America, e più recenti precolombiana la gente non avrebbe visto un mammut o mastodonte da disegnare.
Il team di ricerca è anche conferma ulteriormente i risultati di geologo Sellards Howard Elias al Vecchio Sito Vero nel 20esimo secolo. Le sue affermazioni che la gente era in Nord America e animali cacciati a Vero Beach durante l'ultima era glaciale sono state contestate negli ultimi 95 anni.
presso il Museo di Storia Naturale della Florida a Gainesville.
Una collezione di ossa fossili scolpiti fa ora parte di una mostra della Florida mammut e mastodonti 

mercoledì 27 luglio 2011

Turchia , archeologi italiani scoprono la la tomba dell'apostolo Filippo.

Ankara, 27 lug. (Adnkronos) - Un team di archeologi italiani, guidati Francesco D'andra, ha scoperto in Turchia la tomba dell'apostolo Filippo. Lo riferisce l'agenzia semiufficiale turca Anadolou, spiegando che il ritrovamento e' avvenuto nel sito delle rovine di Hierapolis (Pamukkale), nella provincia sud occidentale di Denizli.
Si riteneva che la tomba di San Filippo fosse nella "collina dei morti" a Hierapolis, ma il team italiano ha scoperto le rovine di una chiesa a 40 metri dalla collina, dove si trova la tomba del santo. D'Andria ha spiegato che gli archeologi tentavano di indviduare da anni il luogo di sepoltura dell'apostolo e che la tomba e' stata individuata durante gli scavi nei resti di una chiesa recentemente riportati alla luce.
Citta' ellenistico-romana dell'antica Frigia, l'antica Hierapolis e' fra i luoghi inseriti dall'Unesco nel Patrimonio dell'umanita' e sorge nei pressi di una fonte termale nota sin dal secondo secolo.

Monti Cimini (VT) - Scoperti reperti dell'età del bronzo (1000 a.c.)

Una montagna sacra nel cuore dell'Etruria, dove, nell'età del bronzo, si offrivano voti agli dei pagani e si bruciavano oggetti sacri in loro onore. Hanno portato alla luce questo gli archeologi dell'università Sapienza di Roma e della soprintendenza ai Beni archeologici dell'Etruria meridionale sul monte Cimino, in provincia di Viterbo.
La scoperta, «una delle più importanti della protostoria del Lazio», con reperti risalenti al 1000 a.C, è stata illustrata oggi sul luogo del ritrovamento in località La faggeta, a Soriano nel Cimino. Sulla sommità del monte, a oltre mille metri di altezza, tra i faggi, negli ultimi tre anni l'equipe degli archeologi, coordinati dal professor Andrea Cardarelli, ha condotto gli scavi portando alla luce «una serie di stratificazioni di materiali derivanti da roghi cultuali».
Una «chiara evidenza votiva», secondo il docente della Sapienza, perchè, spiega, «le attività religiose del mille avanti Cristo passavano proprio attraverso il fuoco. Venivano bruciate offerte per gli dei: oggetti sacri, cibo o animali».

sabato 23 luglio 2011

Svizzera - Centrale nucleare di Muhleberg a rischio inondazioni.

Lo storico del clima Christian Pfister ritiene che l'azienda elettrica bernese BKW abbia sottovalutato il rischio di alluvioni nel costruire una centrale nucleare a Mühleberg (BE). Pfister è co-autore di uno studio sulle inondazioni nel Medioevo.
Alla luce dei risultati del suo studio, Pfister suggerisce alla BKW di realizzare un nuovo studio sulla sicurezza della centrale in caso di forti piene dei fiumi Aare e Sarine. Per l'azienda elettrica non c'è però nessun motivo per agire, afferma il portavoce della società Sebastian Vogler in dichiarazioni al "Bund" e al "Tages-Anzeiger". Pfister è però sorpreso da questa reazione: "altre aziende elettriche hanno preso in considerazione i risultati", ha detto ai due quotidiani.
Lo studio ha esaminato le piene del Reno, in particolare nella regione di Basilea, puntualizza però Vogler. Senza essere rielaborati, i risultati non possono essere applicati al fiume Aare e alla zona attorno alla centrale di Mühleberg, afferma. "La BKW non ha però nessuna intenzione di eseguire un'indagine più approfondita", ribatte Pfister.
Questi, in collaborazione con altri storici e idrologi dell'Università di Berna, ha ricostruito in uno studio pubblicato a metà luglio le maggiori piene del Reno degli ultimi 13 secoli. La portata massima è stata raggiunta il primo d'agosto del 1480 quando sotto i ponti di Basilea scorrevano circa 6000 metri cubi d'acqua al secondo (circa sei volte la portata normale).
Questi dati possono ora essere utilizzati per prevedere le future piene massime. Lo studio dimostra tra l'altro che il potenziale distruttivo della natura non può essere valutato solo utilizzando dati delle piene recenti.
(ats)

venerdì 22 luglio 2011

Cina, caduto meteorite di 25 tonnellate...



Roma, 21 lug. (Ign) - Venticinque tonnellate di ferro precipitate dallo spazio sulla Terra. Precisamente ad Altay, nella regione autonoma dello Xinjiang, situata nel nord-ovest della Cina. Nella zona si è recato un team di esperti che sta eseguendo una serie di test sul meteorite caduto il 17 luglio scorso. Il meteorite, 2,2 metri di lunghezza per 1,25 di altezza, dal peso di almeno 25 tonnellate, è destinato a diventare il più grande mai precipitato in Cina.

martedì 19 luglio 2011

Fano, tornado a ciel sereno?

Sembrava poter essere una tranquilla e assolata Domenica di sole, invece un fenomeno improvviso ha travolto i bagnanti della spiaggia marchigiana. Intorno alle tre del pomeriggio, un violento ma breve turbinio di venti si è abbattuto sulla spiaggia fanese.  

Il forte vento ha provocato il sollevamento di sdraie ed ombrelloni ancorati a ben 80 cm al di sotto del suolo, che poi hanno colpito alcuni bagnanti, ferendo una decina di persone, la più grave una ragazza che si è fratturata un braccio.

L'area interessata dal fenomeno è risultata molto limitata (pochi decine di metri), così come la durata temporale (pochi secondi). Il fenomeno non può essere ricondotto ad una tromba d'aria (termine fin troppo generico per definire un tornado) perché mancavano due requisiti fondamentali: la presenza di un cumulunembo (quindi di un temporale) e di una debris cloud (nube di detriti originata al suolo dall'azione meccanica di violenti venti ascensionali e discensionali in rotazione). Al momento sulla spiaggia di Fano erano presenti pochi cumuli di bel bel tempo, in una giornata complessivamente ben assolata.  

Il fenomeno non può essere nemmeno ricondotto ad un Dust Devil (diavolo di sabbia), poiché mancava il requisito fondamentale per la sua genesi: scarsa ventilazione. Un vento di appena 4-7 km/h impedirebbe la sua formazione, poiché è indispensabile che l'aria sia immobile. Sulla spiaggia fanese invece soffiava un vento moderato di Levante con raffiche fino a 30 km/h.  

Ma allora che cos'era?

Con molta probabilità il fenomeno turbolento può essere classificato con il termine “Gustnado”.
Il Gustnado, contrariamente al tornado non è collegato alla base di una nuvola temporalesca, ha un'estensione spaziale limitata ed ha una durata di pochi secondi, in rari casi fino al minuto. Il vortice potrebbe essere stato generato dall'incontro di masse d'aria provenienti da diverse direzioni ed aventi differenti valori di umidità e temperatura. Diversità ben evidenziate tra la superficie marina (fresca ed umida) e l'immediato entroterra (più caldo e secco), nonché da un discreto wind shear orizzontale tra i venti di garbino presenti fino a poche centinaia di metri dalla costa e di levante invece presenti sul litorale. La convergenza di basso livello avrebbe pertanto favorito la concentrazione della vorticità verticale.

E' auspicabile che tali condizioni si ripresentino anche nei prossimi giorni, stante il persistere delle linee di convergenza al suolo, pertanto non sono da escludere nuove isolate manifestazioni vorticose.

Misterioso oggetto nero cade dal cielo in Kenia.



Una massa sconosciuta venuta dallo spazio esterno  è caduta sabato nei pressi delle città Kilimambogo e Tala. Inizialmente, ci sono state segnalazioni di un'esplosione in Kangundo, Tala, Yatta e Kakuzi . Residenti nell'area dicono che il suono forte era paragonabile ad una bomba o di un crash aereo, mentre altri è sembrato un terremoto. Di polizia e militari da Thika accorsi sul posto a Kiumwiri villaggio, Murang'a contea. I militari poi hanno portato via l'oggetto di analisi degli esperti. La roccia nera liscia peso di circa cinque chili è caduto in una piantagione di mais, a 60 metri da una fattoria nelle vicinanze, ma nessuno rimase ferito. Ten. Col. JN Vungo, l'ufficiale comandante del 12 ° Battaglione Genio, ha detto prima valutazione indica che l'oggetto non era artificiale e si credeva di essere venuto dallo spazio. "Abbiamo avuto notizie contrastanti da zona Kilimambogo indicando che un aereo si era schiantato o una bomba era esplosa nella zona e in collaborazione con il polizia abbiamo mobilitato i nostri funzionari per capire cosa stava succedendo ", ha detto. Su come individuare la scena, personale di sicurezza hanno isolato la zona, che stava attirando residenti curiosi. 

"Crediamo che sia un corpo celeste, probabilmente un pezzo di una meteora che può avere disintegrato entrando nell'atmosfera terrestre", ha detto il tenente colonnello Vungo, che era accompagnato dal capo della polizia Paul Thika Leting. Sig. Vungo tali relazioni da zona Ndunyu Sabuk indicato che un oggetto più grande è stato visto nei cieli prima di essere disintegrato dopo una forte esplosione. Il funzionario ha detto che secondo alcuni testimoni, l'oggetto sollevato una nuvola di polvere sulla colpire la terra, era estremamente caldo e girava al momento dell'impatto. "Meteore o ften perdere stabilità e volare via dalla loro orbita, ma bruciano entrando nell'atmosfera a causa dell'attrito, Lt Col Vungo detto. Tuttavia, ha aggiunto che si trattava di un evento raro nella regione dell'Africa orientale. Un occhio testimone Sig.ra Jane Wangui Kibugi ha detto di essere a soli 50 metri di distanza quando l'oggetto è caduto. "Ho visto una nuvola di polvere e quando sono andato più vicino che ho trovato la pietra nera liscia, che aveva scavato una buca sul terreno".
(Tradotto dall'inglese)

sabato 16 luglio 2011

Macchie solari e future glaciazioni?


In questo momento storico, il Sole sta passando da un periodo di minima attività verso uno di massima e alcuni scienziati suppongono l’arrivo di un’era glaciale con conseguenti eventuali  danni alle comunicazioni.
La sezione Geomagnetismo, Aeronomia e Geofisica Ambientale dell’INGV, ha una lunga tradizione di osservazioni geomagnetiche e ionosferiche e ha raccolto una mole notevole di dati per lo  studio della variabilità desoll Sole, e per la valutazione degli effetti di tale variabilità ( radiazione elettromagnetica e vento solare) sul sistema Terra e, in particolare, in media e alta atmosfera. Attraverso il telerilevamento a microonde da stazioni a terra si studia la variabilità dell’ozono nella media e alta atmosfera in relazione alla variabilità solare, sia radioattiva che corpuscolare.  Grazie anche a un’equipe di specialisti di modellistica della climatologia  all’INGV si possono simulare e stimare gli effetti della variabilità solare sul nostro clima.
Abbiamo così intervistato un esperto della materia, il dottor Antonio Meloni
Studi di breve e lungo termine dei parametri ionosferici possono aiutare a capire il ruolo della variabilità del sole sul sistema terrestre?
«Il Sole - dice Antonio Meloni, dirigente di Ricerca dell’INGV - ,oltre a emettere radiazione elettromagnetica, emette anche particelle cariche (protoni e elettroni) che a seconda della loro energia raggiungono la Terra in un intervallo di tempo che va dalle ore a un paio di giorni. Esse interagendo con il campo magnetico terrestre formano la magnetosfera. Anche la magnetosfera è modulata dalla variabilità corpuscolare delle emissioni solari. Nella magnetosfera avvengono diversi fenomeni che vengono evidenziati fondamentalmente dalle tempeste magnetiche e ionosferiche, e altri fenomeni naturali di grande spettacolarità quali le aurore boreali. Anche questi hanno per diversi aspetti una notevole influenza sulle attività umane».  
Il ruolo dell’attività solare nel controllare il clima è ancora dibattuto e nella maggioranza degli specialisti prevale l’opinione che sia contenuto e comunque significativo solo sulla scala delle decine di anni o secoli, quando per diversi cicli solari, il numero delle macchie rimane costantemente bassoCosa attenderci quindi per i prossimi mesi o anni ?
«Secondo gli indicatori solari conosciuti, continua ancora il Dott. Meloni, il Sole sta emergendo da un ‘torpore’ che dura ormai da circa 5-6 anni e sta diventando progressivamente più attivo. Si cominciano a contare sempre più macchie e il massimo si raggiungerà solo alla metà del 2013. Nei prossimi due anni quindi assisteremo a un aumento delle tempeste magnetiche e ionosferiche ma ragionevolmente senza effetti eclatanti sulla nostra vita di ogni giorno».
E per quanto riguarda il clima?
«Per quanto riguarda il clima invece, nel breve termine e fino alla fine del ciclo in corso (quindi fino al 2020), non crediamo quindi possa essere il Sole e influenzare in maniera significativa la temperatura della Terra. Continuerà ad essere importante monitorare il contributo naturale all’immissione in atmosfera di gas serra come quelli causati dalle grandi esplosioni ed eruzioni vulcaniche e naturalmente agire in modo da produrre una quantità sempre minore di gas serra antropici».
Nota: La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente.
La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente. Già un paio di secoli or sono  l’astronomo William Herschel suggerì che il numero delle macchie solari (osservate per primo con il telescopio da Galileo) forniva un indizio per conoscere il clima della Terra. Infatti a un numero maggiori di macchie solari poteva corrispondere una temperatura terrestre maggiore. Altri scienziati ebbero già a quei tempi un’opinione contraria e, ancora oggi,  il dibattito rimane in gran parte aperto quando si vuole provare a quantificarne gli effetti.
La scoperta dell’esistenza di un ciclo di attività delle macchie solari, diede inizio a un lungo dibattito sulla variabilità del Sole e i suoi effetti sulla Terra. Fu possibile correlare anche il cosiddetto Minimo di Maunder(un periodo con un numero estremamente basso di macchie osservate sul Sole, anni 1645-1710) con il progressivo raffreddamento, testimoniato da dati storici in tutto il mondo in quell’epoca. Oggi noi sappiamo che quella che chiamiamo costante solare (circa 1362 W/m2, secondo le ultime misure satellitari), del tutto costante non è; durante un ciclo solare può variare di 1-2 W/m2 , cioè all’incirca dello 0.1%. Alcuni ricercatori ritengono che, in periodi più lunghi (qualche secolo), questa variabilità possa raggiungere valori di 0.3- 0.4 %. In alcune regioni dello spettro , ultra violetto. A breve termine, in occasione di brillamenti solari,  essa può variare anche di un fattore 100 o 1000, mentre  nella regione X dello spettro questa variabilità può anche essere rapidissima e avere luogo anche in pochi minuti.

USA - Ultimo dinosauro prima dell'estinzione?


Il ritrovamento di un corno di triceratopo, all’interno di una stratigrafia di rocce sedimentarie che permette la datazione al periodo immediatamente precedente all’estinzione di massa dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, conferisce nuova forza alla teoria che vede nell’asteroide la causa dell’annientamento dei grandi rettili.
L’enigmatica e sensazionale scoperta, avvenuta nel sud-est del Montana (USA), nella Hell Creek Formation, una delle poche aree al mondo che preserva fossili relativi al periodo a cavallo dell’estinzione di massa, mette nuovamente in discussione uno dei capitoli più dibattuti e più avvincenti della storia della vita sulla terra.
Il corno, di 45 cm di lunghezza, appartiene senza ombra di dubbio al triceratopo, il ben noto esemplare, il cui nome si riferisce proprio alla presenza di tre corna (Triceratops, dal greco antico τρι tri “tre”, κέρας keras “corno” e ωψ ops “faccia”, cioè dalla faccia con tre corna). Si trattava di un quadrupede erbivoro, vissuto durante l’ultimo periodo del Cretaceo superiore (ca. 70-65 Ma fa) in nord America che poteva raggiungere i 9 metri di lunghezza per 12 tonnellate di peso.
L’eccezionalità del rinvenimento risiede in primis nella sua età: “Si tratta del più giovane dinosauro che è stato scoperto in situ”, spiega Tyler Lyson, paleontologo della Yale University. Tutti gli altri fossili di dinosauro finora rinvenuti sono più antichi ma furono inglobati successivamente alla loro morte in sedimenti molto più giovani, a causa di processi geologici.
Inoltre, la sua posizione stratigrafica fornisce una solida argomentazione alla teoria che vede la causa dell’estinzione dei dinosauri nell’impatto di un asteroide sulla terra che avrebbe prodotto il noto cratere di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan (Messico). Altre teorie prevedono invece cambiamenti climatici di grandi dimensioni o il cambiamento del livello del mare. Il fossile è stato infatti rinvenuto a 13 cm al di sotto della linea geologica sedimentaria che attesta l’impatto con l’asteoride e che divide il Cretaceo dal Terziario (K-T boundary). Ciò dimostra chiaramente che prima dell’impatto i dinosauri non erano ancora sulla via dell’estinzione.
di Brunella MUTTILLO

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