domenica 23 gennaio 2011

Piccolo asteroide sulle nostre teste


"C’è un piccolo asteroide che in questi giorni sta sfrecciando sopra le nostre teste. Denominato 2011 AN52, ha dimensioni molto piccole: il suo diametro, inizialmente stmato tra i 5 e i 10 metri, si è rivelato di appena tre metri, a valle dell’analisi della luce del Sole riflessa dalla sua superficie. Nonostante le dimensioni ridotte gli astronomi sono comunque riusciti a determinarne l’orbita e la distanza minima dalla Terra: circa 300.000 chilometri, poco meno della distanza della Luna.
Se oggi riusciamo a individuare oggetti così piccoli è merito dei nuovi sistemi di monitoraggio, capaci di rilevare corpi di pochi metri che fino a poco tempo fa sarebbero sfuggiti ai nostri telescopi. Aspettiamoci quindi un proliferare di scoperte analoghe a quella di 2011 AN52.
“Passaggi a distanze inferiori a quella della Luna da parte di asteroidi di pochi metri avvengono con una frequenza di circa 80 al giorno, al punto tale che individuarne uno non si può considerare una notizia”, afferma Giovanni Valsecchi, astronomo dell’INAF-IASF di Roma ed esperto di asteroidi, che ha inoltre sottolineato l’infondatezza degli allarmismi legati a questi piccoli pezzi di roccia. “Le piccole dimensioni li rendono ancora meno pericolosi dello scontro di un elefante con una mosca. Anche se entrano in collisione con la Terra, non arrivano al suolo perché bruciano in atmosfera. L’unica vera notizia sta nel fatto che la scoperta di asteroidi così piccoli dimostra come i nuovi sistemi di avvistamento da terra siano sempre più efficienti”.
Per quanto riguarda gli asteroidi di dimensioni maggiori, ben più pericolosi, non mancano annunci di prossimi impatti, che puntualmente si rivelano senza fondamento se non addirittura inventati. “Non c’è alcun grande asteroide del quale preoccuparci”, continua Valsecchi.”Va inoltre detto che se continueranno ad essere messe in campo le risorse che finora sono state dedicate a questo settore, saremo in grado di prevedere eventuali impatti futuri con il margine di tempo necessario a preparare le necessarie contromisure”.
Proprio le possibili contromisure rappresentano uno degli aspetti più interessanti e curiosi, come dimostrano alcune delle soluzioni proposte dagli scienziati negli ultimi anni. Tra le più creative: avvolgere l’asteroide con materiale riflettente in modo da sfruttare la pressione esercitata dalla radiazione solare per spingerlo pian piano su di un’altra traiettoria. Oppure lanciare un gran numero di sonde da ammassare nelle sue vicinanze in modo da creare un unico corpo di grande massa che con la sua forza gravitazionale attrae e devia l’asteroide. Sconsigliato invece il bombardamento, spesso protagonista di romanzi e film di fantascienza, perché tra i vari frammenti prodotti dall’esplosione ne potrebbero rimanere alcuni ancora in rotta di collisione. Per Giovanni Valsecchi c’è un metodo che potrebbe funzionare:  “Analogo a quanto fece la sonda Deep Impact con la cometa Tempel 1. Consiste nel lanciare contro l’asteroide un oggetto non troppo piccolo a ipervelocità, ovvero  a una velocità relativa di 10 o più chilometri al secondo. Gli studi preliminari hanno dimostrato che questo corpo impattatore può deviare l’orbita dell’asteroide, a patto che quest’ultimo non sia superiore ai 500 metri di diametro e che sia abbiano alcuni anni di tempo per preparare la missione. Non è ancora stata raggiunta un’implementazione definita del metodo, perché risulta costoso e chiaramente vi sono al momento altre priorità. Però possiamo dire che non saremmo completamente inermi di fronte a un pericolo di questa natura.” 

lunedì 17 gennaio 2011

Gli USA non fanno nulla per contrastare lo scioglimento dell'Artico?


Secondo quanto pubblicato, su questo articolo del Washington Post, gli Stati Uniti non farebbero nulla per contrastare lo scioglimento dell'Artico, in quanto sotto quei ghiacci si celerebbe, un quarto delle risorse mondiali non ancora sfruttate, inoltre, se i suoi ghiacci si sciogliessero  nel periodo estivo, si aprirebbe il "Passaggio a Nord Ovest" (fatto avvenuto anni fa), che permetterebbe di abbreviare le rotte navali commerciali e passeggeri tra Atlantico e Pacifico del 40% ."L'amministrazione Obama, come l'amministrazione Bush prima di esso, ha identificato l'Artico come un settore di fondamentale interesse strategico. I militari Usa credono che  l'Artico sarà  "libero dai  ghiacci" per le settimane estive, entro il 2030, forse già nel 2013.Ma gli Stati Uniti non hanno le risorse militari e civili si dice che bisogna operare con successo lì - e ci sono poche indicazioni che tutti quelli più significativi saranno disponibili
In una relazione lo scorso settembre, il Government Accountability Office ha detto la Guardia Costiera manca di infrastrutture adeguate o apparecchiature nell'Artico e che i suoi finanziamenti per questi programmi non sono sufficienti.L'Artico si crede di detenere circa un quarto delle risorse naturali non ancora sfruttate a livello mondiale e, un nuovo passaggio potrebbe far risparmiare il 40 per cento del tempo necessario per i la navigazione commerciale e passeggeri, tra l'Atlantico e il Pacifico.Le nazioni artiche - Russia, Canada, Danimarca, Norvegia e Stati Uniti - si stanno preparando a rivendicare maggiori porzioni di territorio sotto una clausola nel trattato che governa le acque del mondo. Le nazioni non-artiche come la Cina e la Corea del Sud hanno anche tenuto d'occhio il potenziale economico nel lontano nord."Con il 20 per cento dei di scoperto il petrolio, gas e minerali, restando nel mondo nell'Artico, gli Stati Uniti non possono rischiare di perdere", ha detto Rear Adm Christopher C. Colvin, comandante della 17a costa dell'Alaska Guard District, da Anchorage.Il Dipartimento della Difesa ha preso atto. Per il 2010 Quadrennial Defense Review, dice che la sicurezza la comprensione e questioni ambientali nell'Artico è una sfida fondamentale.Alla fine del 2009, la Marina Militare della Task Force Climate Change ha pubblicato un documento di programmazione di cinque anni dal titolo "Arctic Roadmap", che illustra 35 elementi di azione sui requisiti per operare nella regione aspra.Il presidente George W. Bush ha nominato la sicurezza nazionale, come la priorità numero uno in politica artica, e il Presidente Obama ha fatto lo stesso nella sua prima Strategia di Sicurezza Nazionale, uscito lo scorso maggio.Ma questi sforzi devono ancora tradursi in capacità molto maggiore. Alti ufficiali militari statunitensi nella regione artica sono state chiedendo più risorse, ma dire le loro richieste sono state ritardate o respinto."Linea di fondo è che non stanno compiendo quello che il presidente ci ha incaricato di compiere" nella nuova politica Artico, ha detto Colvin.L'unico trattato internazionale che si applica al Artico è la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ratificata da più di 150 nazioni. Ma anche se ha aiutato il progetto della Convenzione e successive modifiche, gli Stati Uniti non hanno ratificato il trattato, conservatori dicono che va a scapito della sovranità nazionale degli Stati Uniti."

La Marsica trema di nuovo: 5 scosse in 6 giorni. Frana da 100 tonnellate, scuole ancora chiuse

IL MASSO CADUTO CON LA FRANA
Magliano. Cinque scosse di terremoto con epicentro a Magliano dei Marsi nel giro di sei giorni. La prima è stata quella del 9 gennaio, alle 11.58, con magnitudo 3,9, seguita alle 18.55 da una di 1,6. Il 13 gennaio c’è stata poi la scossa da 3,3 alle ore19.55, mentre ieri ci sono state due scosse di 1,3 (5.57) e 1,0 (14.46). Una serie di eventi sismici che preoccupano la popolazione. Le scuole in paese riapriranno lunedì  visto che a causa della scossa di magnitudo 3.3 si sono formate delle crepe sulle pareti. Il Comune ha ritenuto opportuno quindi prendere ulteriore tempo per eseguire accertamenti più approfonditi sugli edifici scolastici. Il terremoto è stato percepito con maggiore intensità nella frazione di Rosciolo dove sono caduti alcuni comignoli e intonaco negli edifici più vecchi. Un masso da un centinaio di tonnellate si è staccato da una parete rocciosa in località “Le coste”, ha pochi passi dal cimitero di Rosciolo. Ha percorso circa duecento metri lasciando un solco profondo più di un metro. Un altro masso gigante, nella stessa zona, è ora in bilico e rischia di precipitare su una strada utilizzata da allevatori e coltivatori del posto per raggiungere stalle e capannoni. Il sindaco ne ha ordinato la chiusura  per motivi di sicurezza.

domenica 16 gennaio 2011

Spazio - 1000 tonnellate di detriti cadono ogni anno sulla Terra.

1.000 tonnellate di materiale  (1.000 milioni di grammi) entra nell'atmosfera ogni anno e cade sulla superficie della Terra come meteoriti polvere o di piccole dimensioni.Fonte: US Geological Survey.

Il polo nord magnetico si muove verso la Siberia, modificate le segnaletiche dell'Aeroporto di Tampa (USA)

La FAA (Federal aviation administration) ha chiesto ai responsabili dell'aeroporto di  Tampa (Tampa International Airport), di adeguare le indicazioni  di orientamento delle piste , in quanto  secondo le ultime misurazioni il polo magnetico terrestre risulta spostato.Nel 2007, geofisici hanno confermato che il Polo Nord  magnetico si sta muovendo verso la Siberia in Russia, al tasso di quasi 40 miglia (64 km) all'anno. . Tale ultima inversione del  polo magnetico era avvenuta circa  780.000 anni fa.  Sta accadendo di nuovo?

giovedì 6 gennaio 2011

Teremoto di Haiti causato da uragani e deforestazione?


LIVORNO. La deforestazione e l'erosione dei suoli, provocata dagli uragani, potrebbero aver contribuito ad innescare il devastante terremoto che nel 2010 ha colpito Haiti, facendo 200.000 vittime, e lasciando in ginocchio il più povero Paese delle Americhe.  A dirlo è il geologo statunitense Shimon Wdowinski, che con i suoi colleghi dell'università di Miami ha studiato la crosta terrestre nella zona di Port au Prrince dopo il sisma del 12 gennaio 2010. I risultati della ricerca sono stati presentati la scorsa settimana a San Francisco al meeting dell'American geophysical union e Wdowinski ed i suoi colleghi sono convinti che la ridistribuzione dei sedimenti dalle montagne alla pianura del delta del fiume Leogane, causata da due violente tempeste principali tropicale e da due grandi uragani che hanno colpito violentemente Haiti nel 2008, potrebbe essere stata sufficiente a innescare la scossa catastrofica. Il disboscamento quasi totale delle colline avrebbe aggravato l'erosione dalle tempeste.
Le ricerche dell'università di Miami sono riassunte su Weather Underground's WunderBlog da Jeff Masters: «Wdowinsky ha calcolato che la quantità di massa erosa dalle montagne sopra l'epicentro del terremoto del 2010 è stata sufficiente a causare tensioni della crosta terrestre in grado di provocare uno slittamento verticale orientato lungo una faglia fino ad allora sconosciuta. Questo tipo di movimento è piuttosto insolito in questa regione, dato che la maggior parte delle scosse ad Haiti tendono ad essere del tipo "strike-slip", dove le placche tettoniche scorrono orizzontalmente l'una sull'altra. Il fatto che il terremoto del 2010 ad Haiti si sia verificato lungo una faglia in movimento verticale consente di sostenere l'idea che lo slittamento è stato attivato a causa di una massa scesa dalle montagne sopra l'epicentro a causa dell'erosione, combinata al peso extra dei sedimenti in più depositati nel delta del fiume Leogane nel settore settentrionale della faglia»
Wdowinski cita due esempi di fenomeni simili: quello di Taiwan, dove terremoti hanno fatto  seguito a forti tempeste che hanno scaricato grandi quantità di pioggia nelle zone di montagna, ed i terremoti sottomarini di magnitudo 4, 5 e 6 collegati al fenomeno climatico di El Niño ed allo spostamento di masse d'acqua che provoca
L'area montuosa a sud-ovest di Haiti negli ultimi decenni è stata deforestata per il 98% della sua superficie, causando un'erosione estrema. Dal 1975, il tasso di erosione di queste montagne è stato 6 mm/anno, rispetto al normale tasso di erosione inferiore a 1 mm/anno nelle foreste montane tropicali. Un disastro ambientale che nel 2008 provocò la morte di 1.000 persone e la distruzione di 22.702 abitazioni, con il danneggiamento di altre 84.625. Alluvioni e frane colpirono 800.000 persone, l'8% della popolazione di Haiti e l'alluvione spazzò via il 70% dei raccolti di Haiti, causando nei mesi successivi le tempeste la morte di decine di morti di bambini per  malnutrizione. I danni furono stimati in oltre un miliardo di dollari, fino ad allora il più costoso disastro naturale della storia di Haiti: oltre il 5% del Pil del Paese (17 miliardi di dollari). Tragicamente, gli uragani del 2008 potrebbe aver preparato il più grande disastro mai avvenuto ad Haiti: il terremoto del 2010.
La teoria di Wdowinsky e degli altri ricercatori dell'università di Miami che collegano le scosse di terremoto al passaggio di cicloni in aree "indebolite"  viene presa seriamente in considerazione e rappresenta un altro ottimo motivo per frenare la deforestazione selvaggia provocata dall'ingordigia di pochi e dalla miseria di molti.

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