domenica 19 agosto 2012

Avremo inverni sempre più freddi?

Cornell Charles H. Greene, professore di scienze della terra e dell’atmosfera, e Bruce C. Monger, ricercatore di scienze meteorologiche, hanno pubblicato nel numero di giugno della rivista Oceanography il loro studio spiegando che “tutti pensano ai cambiamenti climatici dell’Artico, certi che questo fenomeno a distanza avrà scarso effetto sulla nostra vita quotidiana. Ma ciò che sta succedendo nella regione artica cambierà il clima nelle nostre zone”

In sostanza i due esperti spiegano che il global warming provoca un maggiore scioglimento del ghiaccio marino del polo nord durante l’estate, esponendo la scura acqua dell’oceano alla luce solare. Questo provoca un maggior assorbimento della radiazione solare e il calore in eccesso viene rilasciato in atmosfera, soprattutto durante l’autunno, facendo crollare le temperature e i valori di pressione proprio tra l’Artico e le medie latitudini dell’emisfero nord. Secondo gli scienziati, ciò provocherebbe un indebolimento dei venti associati al vortice polare e alla corrente a getto, consentendo così all’aria fredda di proiettarsi molto più spesso alle basse latitudini, com’è già successo negli ultimi tre inverni in modo a volte drammatico, in termini di freddo e neve, sull’Europa e sul nord America.
vortice-polare
Le osservazioni più recenti presentano una nuova svolta alla oscillazione artica: “quello che sta succedendo ora è che stiamo cambiando il sistema climatico, in particolare nella regione artica, e che sta aumentando le probabilità per le condizioni AO negative, che favoriscono invasioni di aria fredda e gravi tempeste meteorologiche invernali a latitudini più basse” ha detto Greene.
Il rallentamento della Corrente del Golfo

Un ulteriore fattore di raffreddamento del clima terrestre potrebbe essere l'effettivo rallentamento della Corrente del Golfo. Il ricercatore Uwe Send, dello Scripps Institution of Oceanography della California, assieme ad alcuni colleghi, ha analizzato i dati raccolti tra il gennaio 2000 e il giugno 2009 da alcune boe oceaniche facenti parte del programma MOVE (Meridional Overturning Variability Experiment) e ha così ottenuto la conferma che nell’ultimo periodo la portata della Corrente del Golfo (cioè la quantità di acqua calda trascinata) si è ridotta di circa il 20%: si tratta della prima prova scientifica di un effettivo rallentamento della Corrente del Golfo.

Tuttavia secondo il team di ricercatori il rallentamento non sarebbe causato dallo scioglimento della Calotta Artica (e dal conseguente “annacquamento” delle acque della Corrente) quanto piuttosto da una naturale variabilità, ed è molto probabile che nell’arco di pochi anni la Corrente del Golfo torni alla precedente portata. Insomma, gli stessi studiosi si mostrano assai scettici su un imminente raffreddamento del clima europeo causato dallo scioglimento dei ghiacci artici e in ogni caso si possono escludere eventi catastrofici come quelli descritti nel noto film (esagerati proprio per esigenze cinematografiche).
La comprensione di queste fluttuazioni della Corrente del Golfo rimane comunque obiettivo fondamentale per arrivare un giorno a realizzare proiezioni climatiche su lungo periodo più affidabili e dettagliate, e in questo senso preziosissime saranno le informazioni che arriveranno nei prossimi anni dalle 20 boe marine dislocate nel 2004 tra le Canarie e le Bahamas nell’ambito del programma Rapid Climate Change Project.
I ghiacciai delle montagne asiatiche crescono
Un ulteriore conferma alle ricerche di Greene e Send proviene da una da uno studio satellitare delle montagne asiatiche che ha lasciato i climatologi molto sconcertati. Il nuovo studio ha preso in esame i dati satellitari degli ultimi 10 anni per studiare la catena montuosa del Karakorum, nel Pakistan del nord e nell'ovest della Cina. I ricercatori hanno scoperto che i ghiacciai del Karakorum - che rappresentano il 3 per cento del totale della superficie coperta di ghiaccio del pianeta - hanno aumentato il loro spessore di 0,11 metri tra il 1999 e il 2008. Questi risultati confutano tutte le previsione catastrofiche dei climatologi negli ultimi anni, che volevano i ghiacciai terrestri in forte arretramento a causa del riscaldamento globale.
karakorum
I ghiacciai della catena montuosa del Karakorum
Tuttavia, gli esperti avvertono che il guadagno è così piccolo che non si può affermare che i ghiacciai siano in crescita. E' però vero che non si stanno nemmeno riducendo. Etienne Berthier, glaciologo presso l'Universitè de Toulose, in Francia, dice che "non tutte le regioni glaciali stanno cambiando allo stesso modo".
Una stima precendente del prof. John Wahr, Università del Colorado, sull'arretramento dei ghiacciai delle montagne asiatiche aveva previsto una perduta fino a 50 miliardi di tonnellate l'anno. Anche le Nazioni Unite si erano spinte in previsioni fosche per il futuro del clima terrestre sostenendo che un quinto dei ghiacciai dell'Himalaya si sarebbe sciolto entro il 2035, con conseguente aumento del livello dei mari e della siccità.
In tutto il mondo, la fusione è stata sopravvalutata. I ghiacciai terrestri e le calotte polari stanno perdendo circa 150 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, circa il 30 per cento in meno di quanto era stato previsto. Il gap tra le stime precedenti e quelle attuali è dovuto al miglioramento degli strumenti di monitoraggio. Il principale artefice delle nuove rivelazione è GRACE, un sistema di osservazione composto da due satelliti orbitali. Lanciati nel 2002, i due satelliti lavorano in tandem orbitando 16 volte al giorno attorno alla Terra ad un'altitudine di 300 miglia. I satelliti sono in grado di misurare i cambiamenti nel campo gravitazionale terrestre causato da cambiamenti di massa in alcune regioni del globo, tra cui lastre di ghiaccio, gli oceani e l'acqua immagazzinata nel terreno e nelle falde acquifere sotterranee.
Conclusioni
Inutile ricordare quanto accaduto a febbraio in Europa, o lo scorso anno a dicembre negli Usa e sulle isole Britanniche. Greene e Monger ha fatto notare che, però, il loro studio viene pubblicato subito dopo uno degli inverni più caldi negli Stati Uniti orientali, quello concluso pochi mesi fa. “E ‘una grande dimostrazione della complessità del nostro sistema climatico e di come vari elementi influenzano i nostri modelli climatici regionali“, ha detto Greene.
In una regione particolare, molti fattori possono infatti avere un’influenza, tra cui il fenomeno del Niño e della Niña nell’oceano Pacifico. Ma gli esperti hanno spiegato che ogni regione ha un clima a sè e che se è vero, da un lato, che negli Usa è stato un inverno molto caldo, è anche vero che l’Alaska e l’Europa hanno avuto freddo e neve da record e che, nel suo complesso termico globale, il mese di marzo 2012 è stato il marzo più freddo degli ultimi 13 anni! “Ed è questo che ci dobbiamo aspettare per il futuro – conclude Green – con tempeste invernali, freddo e abbondanti nevicate sempre più frequenti nel nord America e in Europa“.
A quanto pare,oltre al grande caldo dobbiamo aspettarci anche un grande freddo.

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