Cornell Charles H. Greene, professore di
scienze della terra e dell’atmosfera, e Bruce C. Monger, ricercatore di
scienze meteorologiche, hanno pubblicato nel numero di giugno della
rivista Oceanography il
loro studio spiegando che “tutti pensano ai cambiamenti climatici
dell’Artico, certi che questo fenomeno a distanza avrà scarso effetto
sulla nostra vita quotidiana. Ma ciò che sta succedendo nella regione
artica cambierà il clima nelle nostre zone”
In sostanza i due esperti spiegano che il global warming provoca
un maggiore scioglimento del ghiaccio marino del polo nord durante
l’estate, esponendo la scura acqua dell’oceano alla luce solare. Questo
provoca un maggior assorbimento della radiazione solare e il calore in
eccesso viene rilasciato in atmosfera, soprattutto durante l’autunno,
facendo crollare le temperature e i valori di pressione proprio tra
l’Artico e le medie latitudini dell’emisfero nord. Secondo gli
scienziati, ciò provocherebbe un indebolimento dei venti associati al vortice polare e alla corrente a getto,
consentendo così all’aria fredda di proiettarsi molto più spesso alle
basse latitudini, com’è già successo negli ultimi tre inverni in modo a
volte drammatico, in termini di freddo e neve, sull’Europa e sul nord
America.
Le osservazioni più recenti presentano
una nuova svolta alla oscillazione artica: “quello che sta succedendo
ora è che stiamo cambiando il sistema climatico, in particolare nella
regione artica, e che sta aumentando le probabilità per le condizioni AO
negative, che favoriscono invasioni di aria fredda e gravi tempeste
meteorologiche invernali a latitudini più basse” ha detto Greene.
Il rallentamento della Corrente del Golfo
Un ulteriore fattore di raffreddamento del clima terrestre potrebbe essere l'effettivo rallentamento della Corrente del Golfo. Il ricercatore Uwe Send, dello Scripps Institution of Oceanography della
California, assieme ad alcuni colleghi, ha analizzato i dati raccolti
tra il gennaio 2000 e il giugno 2009 da alcune boe oceaniche facenti
parte del programma MOVE (Meridional
Overturning Variability Experiment) e ha così ottenuto la conferma che
nell’ultimo periodo la portata della Corrente del Golfo (cioè la
quantità di acqua calda trascinata) si è ridotta di circa il 20%: si
tratta della prima prova scientifica di un effettivo rallentamento della
Corrente del Golfo.
Tuttavia secondo il team di ricercatori
il rallentamento non sarebbe causato dallo scioglimento della Calotta
Artica (e dal conseguente “annacquamento” delle acque della Corrente)
quanto piuttosto da una naturale variabilità, ed è molto probabile che
nell’arco di pochi anni la Corrente del Golfo torni alla precedente
portata. Insomma, gli stessi studiosi si mostrano assai scettici su un
imminente raffreddamento del clima europeo causato dallo scioglimento
dei ghiacci artici e in ogni caso si possono escludere eventi
catastrofici come quelli descritti nel noto film (esagerati proprio per
esigenze cinematografiche).
La comprensione di queste fluttuazioni
della Corrente del Golfo rimane comunque obiettivo fondamentale per
arrivare un giorno a realizzare proiezioni climatiche su lungo periodo
più affidabili e dettagliate, e in questo senso preziosissime saranno le
informazioni che arriveranno nei prossimi anni dalle 20 boe marine
dislocate nel 2004 tra le Canarie e le Bahamas nell’ambito del programma
Rapid Climate Change Project.
I ghiacciai delle montagne asiatiche crescono
Un ulteriore conferma alle ricerche di
Greene e Send proviene da una da uno studio satellitare delle montagne
asiatiche che ha lasciato i climatologi molto sconcertati. Il nuovo
studio ha preso in esame i dati satellitari degli ultimi 10 anni per
studiare la catena montuosa del Karakorum,
nel Pakistan del nord e nell'ovest della Cina. I ricercatori hanno
scoperto che i ghiacciai del Karakorum - che rappresentano il 3 per
cento del totale della superficie coperta di ghiaccio del pianeta -
hanno aumentato il loro spessore di 0,11 metri tra il 1999 e il 2008.
Questi risultati confutano tutte le previsione catastrofiche dei
climatologi negli ultimi anni, che volevano i ghiacciai terrestri in
forte arretramento a causa del riscaldamento globale.
I ghiacciai della catena montuosa del Karakorum
Tuttavia, gli esperti avvertono che il
guadagno è così piccolo che non si può affermare che i ghiacciai siano
in crescita. E' però vero che non si stanno nemmeno riducendo. Etienne
Berthier, glaciologo presso l'Universitè de Toulose, in Francia, dice che "non tutte le regioni glaciali stanno cambiando allo stesso modo".
Una stima precendente del prof. John Wahr, Università del Colorado,
sull'arretramento dei ghiacciai delle montagne asiatiche aveva previsto
una perduta fino a 50 miliardi di tonnellate l'anno. Anche le Nazioni
Unite si erano spinte in previsioni fosche per il futuro del clima
terrestre sostenendo che un quinto dei ghiacciai dell'Himalaya si
sarebbe sciolto entro il 2035, con conseguente aumento del livello dei
mari e della siccità.
In tutto il mondo, la fusione è stata
sopravvalutata. I ghiacciai terrestri e le calotte polari stanno
perdendo circa 150 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, circa
il 30 per cento in meno di quanto era stato previsto. Il gap tra le
stime precedenti e quelle attuali è dovuto al miglioramento degli
strumenti di monitoraggio. Il principale artefice delle nuove
rivelazione è GRACE,
un sistema di osservazione composto da due satelliti orbitali. Lanciati
nel 2002, i due satelliti lavorano in tandem orbitando 16 volte al
giorno attorno alla Terra ad un'altitudine di 300 miglia. I satelliti
sono in grado di misurare i cambiamenti nel campo gravitazionale
terrestre causato da cambiamenti di massa in alcune regioni del globo,
tra cui lastre di ghiaccio, gli oceani e l'acqua immagazzinata nel
terreno e nelle falde acquifere sotterranee.
Conclusioni
Inutile ricordare quanto accaduto a
febbraio in Europa, o lo scorso anno a dicembre negli Usa e sulle isole
Britanniche. Greene e Monger ha fatto notare che, però, il loro studio
viene pubblicato subito dopo uno degli inverni più caldi negli Stati
Uniti orientali, quello concluso pochi mesi fa. “E ‘una grande
dimostrazione della complessità del nostro sistema climatico e di come
vari elementi influenzano i nostri modelli climatici regionali“, ha
detto Greene.
In una regione particolare, molti
fattori possono infatti avere un’influenza, tra cui il fenomeno del Niño
e della Niña nell’oceano Pacifico. Ma gli esperti hanno spiegato che
ogni regione ha un clima a sè e che se è vero, da un lato, che negli Usa
è stato un inverno molto caldo, è anche vero che l’Alaska e l’Europa
hanno avuto freddo e neve da record e che, nel suo complesso termico
globale, il mese di marzo 2012 è stato il marzo più freddo degli ultimi
13 anni! “Ed è questo che ci dobbiamo aspettare per il futuro – conclude
Green – con tempeste invernali, freddo e abbondanti nevicate sempre più
frequenti nel nord America e in Europa“.
A quanto pare,oltre al grande caldo dobbiamo aspettarci anche un grande freddo.
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