di Franco Mancusi
NAPOLI - Coincidenze fatali. Uno sciame sismico fittissimo, a Pozzuoli, negli stessi giorni delle trivellazioni avviate per ragioni scientifiche ed energetiche nell’area di Bagnoli. Tanta paura, ma nessun collegamento fra i due eventi. Una volta tanto i vulcanologi sono d’accordo. «Non possiamo avere dubbi, basta vedere la distanza fra il cantiere dello scavo e l’epicentro delle scosse», spiega Giuseppe Luongo, vulcanologo di fama, professore emerito di Fisica del Vulcanesimo nell’università Federico II.
Cosa sarebbe successo se le trivelle avessero risvegliato l’attività del bradisismo?
«L’inferno, credo. Scavando in profondità saremmo forse precipitati in un baratro di fuoco e di devastazione ambientale. Diciamo che sarebbe stata una catastrofe».
L'attività del bradisismo è ferma?
«L’evoluzione del fenomeno non si arresta mai. Negli ultimi tempi si è registrata una nuova fase di lieve sollevamento del suolo. Ecco spiegata la sequenza degli ultimi terremoti, che per fortuna hanno generato soltanto paura».
La gente sapeva di questa inversione di tendenza?«Non lo so, non credo, considerando le reazioni manifestate nelle ultime ore. La sorpresa è stata generale».
Delle trivellazioni a Bagnoli, però, sapevano tutti.
«Ed è proprio per questo che molti hanno temuto per un risveglio dell’attività vulcanica. Come se uno scavo effettuato ad appena duecento metri avesse risvegliato il fenomeno, insomma. L’ipocentro dello sciame sismico, d'altra parte si è verificato quasi a cinque chilometri di profondità».
Chi doveva avvertire la popolazione della crisi in atto?«Certamente il sindaco doveva essere informato dalla Protezione Civile, a sua volta messa in campana dalle valutazioni della comunità scientifica. Tutto ciò non è accaduto. Non saprei spiegare perché».
Nei giorni dell’emergenza di trent’anni fa a Pozzuoli vi era un presidio per la sorveglianza del bradisismo. Perché fu chiuso?
«Credo per le difficoltà finanziarie. Anche se l'Osservatorio Vesuviano si è sempre dichiarato pronto a collaborare gratuitamente».
Considera adeguata la rete informativa in un area ad alto rischio ambientale, come quella dei Campi Flegrei?
«Certamente no. Sia nel comprensorio vesuviano che in quello del bradisismo le istituzioni hanno il dovere di assistere puntualmente e correttamente le popolazioni. Altrimenti le conseguenze della scarsa conoscenza rischiano di essere peggiori dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche».
Quando si potrebbe parlare di situazione di allarme, realisticamente?
«In condizioni decisamente diverse. Nel caso dell'emergenza che provocò l'esodo del centro antico, nell'ottobre '83 a Pozzuoli non si capiva niente».
Quali sono i segnali precursori di una crisi-eruzione?
«Tanti, e ben diversi dallo sciame sismico delle ultime ore. Intanto le deformazioni evidenti del suolo nell'area epicentrale. Poi le scosse, molto più forti e continue. Ancora, le variazioni delle composizioni geochimiche nelle fumarole, i boati, le trasformazioni dei flussi termali».
Come cambierà, in considerazione anche di questo fenomeno, la mappa della zona rossa nell'area del bradisismo?
«Lo vedremo quando, finalmente, il piano di sicurezza della Protezione Civile vedrà la luce».
Anche Napoli sarà inserita nella zona a rischio?
«Forse alcuni quartieri della periferia occidentale. Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo, Pianura: altre comunità da spostare in caso di emergenza. Non sarà uno scherzo».
Cosa sarebbe successo se le trivelle avessero risvegliato l’attività del bradisismo?
«L’inferno, credo. Scavando in profondità saremmo forse precipitati in un baratro di fuoco e di devastazione ambientale. Diciamo che sarebbe stata una catastrofe».
L'attività del bradisismo è ferma?
«L’evoluzione del fenomeno non si arresta mai. Negli ultimi tempi si è registrata una nuova fase di lieve sollevamento del suolo. Ecco spiegata la sequenza degli ultimi terremoti, che per fortuna hanno generato soltanto paura».
La gente sapeva di questa inversione di tendenza?«Non lo so, non credo, considerando le reazioni manifestate nelle ultime ore. La sorpresa è stata generale».
Delle trivellazioni a Bagnoli, però, sapevano tutti.
«Ed è proprio per questo che molti hanno temuto per un risveglio dell’attività vulcanica. Come se uno scavo effettuato ad appena duecento metri avesse risvegliato il fenomeno, insomma. L’ipocentro dello sciame sismico, d'altra parte si è verificato quasi a cinque chilometri di profondità».
Chi doveva avvertire la popolazione della crisi in atto?«Certamente il sindaco doveva essere informato dalla Protezione Civile, a sua volta messa in campana dalle valutazioni della comunità scientifica. Tutto ciò non è accaduto. Non saprei spiegare perché».
Nei giorni dell’emergenza di trent’anni fa a Pozzuoli vi era un presidio per la sorveglianza del bradisismo. Perché fu chiuso?
«Credo per le difficoltà finanziarie. Anche se l'Osservatorio Vesuviano si è sempre dichiarato pronto a collaborare gratuitamente».
Considera adeguata la rete informativa in un area ad alto rischio ambientale, come quella dei Campi Flegrei?
«Certamente no. Sia nel comprensorio vesuviano che in quello del bradisismo le istituzioni hanno il dovere di assistere puntualmente e correttamente le popolazioni. Altrimenti le conseguenze della scarsa conoscenza rischiano di essere peggiori dei terremoti e delle eruzioni vulcaniche».
Quando si potrebbe parlare di situazione di allarme, realisticamente?
«In condizioni decisamente diverse. Nel caso dell'emergenza che provocò l'esodo del centro antico, nell'ottobre '83 a Pozzuoli non si capiva niente».
Quali sono i segnali precursori di una crisi-eruzione?
«Tanti, e ben diversi dallo sciame sismico delle ultime ore. Intanto le deformazioni evidenti del suolo nell'area epicentrale. Poi le scosse, molto più forti e continue. Ancora, le variazioni delle composizioni geochimiche nelle fumarole, i boati, le trasformazioni dei flussi termali».
Come cambierà, in considerazione anche di questo fenomeno, la mappa della zona rossa nell'area del bradisismo?
«Lo vedremo quando, finalmente, il piano di sicurezza della Protezione Civile vedrà la luce».
Anche Napoli sarà inserita nella zona a rischio?
«Forse alcuni quartieri della periferia occidentale. Bagnoli, Fuorigrotta, Soccavo, Pianura: altre comunità da spostare in caso di emergenza. Non sarà uno scherzo».
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