Si chiama “Wow” e, una volta scoperto cos’è, non si può che commentare allo stesso modo. Perché quell’enorme cisterna, che a vederla non ha nulla di eccezionale, è in realtà un’invenzione straordinaria, che può rendere l’acqua accessibile a tutti: non solo quella “sporca” o inquinata, ma perfino quella radioattiva. La “pentolaccia” come la chiama ancora il suo inventore, è nata nel garage di un ingegnere padovano, Adriano Marin, nell’ormai lontano 2005. Dal 23 settembre sta trasformando in acqua purissima 45 mila litri di liquidi radioattivi conservati in due cisterne a Saluggia, in provincia di Vercelli, dove si trova il blindatissimo deposito di scorie nucleari Avogadro. Il test proseguirà fino al 5 dicembre, poi il verdetto finale. Nessuno si vuol sbilanciare, ma fin qui i riscontri sono estremamente positivi.
Nel 2005 Marin cercava un modo per rendere potabile l’acqua che normalmente non lo è: dall’acqua di scarico delle fogne a quella infetta da virus e batteri. La pensava per le famiglie meno abbienti, per chi vive in territori fortemente inquinati e soprattutto per i paesi ancora in via di sviluppo. Inseguendo un sogno di equità e giustizia, Marin ha armeggiato per anni tra macchinari ed esperimenti casalinghi, nel garage di casa sua: poi d’improvviso, manovrando qualcosa, iniziò a sgorgare acqua purissima. Fu un caso, e ci vollero un altro paio d’anni per individuare la molla esatta che aveva mosso il meccanismo. L’esperimento, però, era riuscito. Non solo: aveva di gran lunga superato le aspettative iniziali.
Oggi quel marchingegno è stato riprogettato nelle dimensioni (60 volte più grande) e sperimentato infinite volte, scuotendo il settore nucleare mondiale. La scoperta è stata ufficialmente presentata circa un anno fa, nell’ambito della conferenza Remtech di Ferrara: il macchinario ha un costo di produzione irrisorio e si basa su un meccanismo termo-dinamico. Nel corso degli ultimi quattro anni sono stati fatti molti esperimenti con l’Arpav, Cnr e l’Università di Padova, che hanno confermato sul campo la straordinarietà dell’invenzione. Ma servivano altri test: era il periodo della tragedia di Fukushima, ed era necessario provare se la “Wow” (che sta per wonderful water) funzionasse anche con acqua radioattiva. Così l’ingegnere padovano si sposta a Saluggia. «Qui– spiega Adriano Marin, 51 anni, ingenere elettronico e fondatore dell’impresa di consulenze Cross Technology – abbiamo sperimentato la “Wow” con acqua 76mila volte più radioattiva rispetto a quella di Fukushima. Per essere certi che la macchina fosse del tutto efficiente».
Proprio in giorni, Marin e il suo team stanno ultimando la fase sperimentale. «Le prove con il nucleare» prosegue «sono nate per una concomitanza di eventi che ha suggerito questa strada. Lo scopo della mia invenzione, però, rimane di natura sociale: la versione domestica è poco più piccola di una minilavatrice e produce una trentina di litri d’acqua pulita al giorno ad un costo assolutamente accessibile».
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