Torna la paura del sisma in Molise, dopo la scossa di magnitudo 4.1
che ha fatto tremare la terra e gli animi nei paesi vicini
all’epicentro. L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia lo ha
localizzato vicino San Giuliano di Puglia, il paese dove il 31 ottobre
del 2002 morirono in una scuola 27 bambini e una maestra. Ed è l’ultima
scossa di una lunga serie che ha fatto tremare la terra negli ultimi
giorni: oltre ai Monti Frentani, la notte scorsa una scossa di 2.2 è
stata registrata anche nella Valle di Trebbia, in provincia di Genova. E
prima ancora – in uno sciame che dura da giorni – in Toscana: sulle
colline del Chianti, in provincia di Firenze, ma la scossa più forte è
stata registrata con magnitudo 3.5 in prossimità di Barberino Val
d’Elsa, Greve, Impruneta, San Casciano e Tavarnelle Val di Pesa. C’è un
legame tra i vari episodi? Per l’esperto Christian Del Pinto, sismologo
geofisico dell’Aquila, “la scossa sui Monti Frentani non ha nulla a che
fare con quelle avvenute in Toscana e nelle altre zone d’Italia”, dove
scosse sono state registrate di recente.
«...Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo... l'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo.» (Giordano Bruno)
venerdì 26 dicembre 2014
Sisma in Molise - Parla il professor Del Pinto, geofisico aquilano "Matese zona a rischio".
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Ubicazione:
86040 San Giuliano di Puglia CB, Italia
mercoledì 24 dicembre 2014
Onde di maremoto e onde normali, differenze.
Le cronache degli ultimi tempi ci hanno avvicinato ad un fenomeno, quello dei maremoti o tsunami, molto
dibattuto e considerato come una minaccia da non trascurare e alla
quale sarebbero esposte anche le coste della penisola italiana, come
dimostrano importanti fenomeni che si sono registrati negli anni e nei
secoli passati, testimonianze raccolte nel catalogo dei maremoti italiani.
Senza addentrarci in problematiche che potrebbero apparire piuttosto
ostiche, cerchiamo di chiarire un aspetto importante e cioè riguardante
la differenza esistente tra le onde che si generano a seguito dei maremoti
e le onde normali, magari anche piuttosto alte, che si generano a
seguito di particolari condizioni climatiche, ad esempio durante una
tempesta, etc.
Le onde del maremoto possono raggiungere altezze
elevatissime e possono essere anche piuttosto devastanti, a seconda di
diversi elementi e dei fattori stessi che hanno generato lo tsunami. I maremoti,
ricordiamo, possono generarsi sia a seguito di un terremoto di forte
intensità, sia a causa dell’esplosione di un vulcano sottomarino o
ancora a causa del crollo o frana, non direttamente collegata
all’eruzione, di un costone roccioso di una montagna sottomarina. Molto
raramente i maremoti possono nascere a seguito di
violenti impatti di meteoriti che cadendo in mare, genererebbero onde
anomale e distruttive, come mostrato da numerosi film di fantascienza.
Le onde normali, prodotte in gran parte dal vento, muovono solo gli
strati superficiali dell’acqua del mare e per questo non coinvolgono il
fondale, mentre quelle dei maremoti muovono sia gli
strati superficiali del mare, che i fondali e la superficie e hanno un
andamento molto veloce e spedito. Un maremoto, inoltre, non deve
presentarsi necessariamente con onde alte per provocare distruzione e
danni a persone e cose, ma può avere anche onde basse ma con una carica
di energia e con un’intensità forte tale da propagarsi velocemente ed
inghiottire tutto ciò che incontri sul proprio camino.
I maremoti, inoltre, possono manifestarsi anche con
un improvviso e repentino ritiro delle acque, ritiro che preannuncerebbe
l’imminente onda, con effetti più o meno devastanti a seconda
dell’intensità o di altri fattori interconnessi. E’ bene precisare,
infine, che la prima onda non debba essere necessariamente la più alta e
pericolosa, dal momento che potrebbe essere quel primo campanello
d’allarme pronto a preannunciare l’arrivo di seconde o terze onde più
alte e minacciose della prima.
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Avvistamento di un UFO in un un dipinto cinese del 19° secolo.
Wu Youru è stato un importante pittore Qing, la dinastia che ha governato la Cina tra il 1644 e il 1911.
Nel 1892, Youru produsse una singolare opera intitolata “Red Hot Flames in the Sky” (Fiamme rosse ardenti nel cielo).
Il dipinto descrive un avvistamento Ufo testimoniato dal pittore stesso, così come da centinaia di passanti.
Oltre alla parte prettamente grafica, il dipinto è corredato da una descrizione fornita dall’artista stesso in 190 caratteri, nella quale vuole chiarire che tutte le spiegazioni plausibili date al fenomeno non esauriscono la sua portata ultraterrena.
Una traduzione della descrizione di 190 caratteri è stata fornita da Paul Dong, ricercatore e scrittore Ufo di lungo corso, nel suo libro “China’s Mjor Mysteries” (I più grandi misteri della Cina).
“Erano circa le otto di sera del 28
settembre. Nel cielo a sud di Nanchino apparve una palla di fuoco a
forma d’uovo, rossa ma priva di luce. Fluttuava lentamente nell’aria,
diretta a est. Dal momento che il cielo al tramonto era nuvoloso e
oscuro, la sua comparsa fu evidente.
Sul ponte di Zhu-Que si radunò una
folla di diverse centinaia di persone che in punta di piedi allungavano
le teste in avanti. Indugiò il tempo di un pasto, svanendo poco a poco
in lontananza.
Alcuni ritennero che era passata una
meteora. Ma una meteora impiega solo un istante prima di svanire, mentre
i movimenti di questa palla dalla sua prima comparsa nel cielo fino
alla sua definitiva scomparsa in lontananza furono piuttosto statici.
Quindi non poteva essere una meteora.
Altri affermarono che era una delle
lanterne cinesi che i bambini facevano volare. Ma il vento soffiava
verso nord quella sera, mentre la palla di fuoco era rivolta verso est.
Quindi non poteva essere nemmeno una lanterna cinese.
Per un certo periodo ognuno ne parlò
ma nessuno seppe risolvere il mistero. Un anziano signore disse: “Quando
all’inizio si alzò, ci fu un leggero rumore, appena udibile, come di un
approssimarsi animato di uomini che si lanciano al di là del Cancello
del Sud”.
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Cina
martedì 16 dicembre 2014
Gran Bretagna -Fotografato Bigfoot?
(AGI) - Roma, 03 dic - L'uomo e' sicuramente di parte. Adam
Bird, 31 anni, fa infatti parte dell'organizzazione British
Bigfoot Research che investiga su possibili avvistamenti del
Bigfoot, "leggendaria" creatura scimmiesca la cui esistenza
finora non e' stata mai provata scientificamente. Tuttavia Bird
giura d'averne visto uno. Dopo aver ricevuto delle segnalazioni
su qualcosa di anomalo nella riserva naturale di Friskney,
Adam, di Nottingham, si e' avventurato nella boscaglia. E, dopo
aver sentito rumori strani e aver visto impronte inusualmente
lunghe, ha puntato la macchina fotografica verso il punto dal
quale provenivano piu' rumori. Poi ha controllato gli scatti e,
in uno di essi, ha individuato "una figura ombrosa tra gli
alberi". "Non sono in grado di fare alcuna aperta
affermazione", ha detto, "ma io e i miei investigatori pensiamo
che possa trattarsi della prova che il Bigfoot britannico
esista". Adam e' da due anni che va a controllare
"avvistamenti" che provengono da tutta la Gran Bretagna, dalla
Scozia sino alla punta piu' meridionale dell'isola. (www.backblogfb.blogspot.it)
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Nottingham, Nottingham, Regno Unito
domenica 14 dicembre 2014
Mars Rover Curiosity fotografa 3 oggetti volanti nel cielo di Marte.
Le immagini ci mostrano quella che potrebbe essere l’ennesima dimostrazione della presenza extraterrestre su Marte. Appare chiaro che in due fotografie scattate da una delle due piccole e potenti web-cam Rear Hazcam destro B (RHAZ_RIGHT_B) del rover Curiosity su Sol 835 (2014/12/12 03:16:20 UTC) e si possono osservare die puntini neri. le immagini originali possono essere visionate su questi due link:
Nelle due foto si nota lo spostamento degli oggetti che esclude la presenza di particelle di polvere od altro. |
FONTE
sabato 13 dicembre 2014
Nube denominata "hole punch clouds" o "fallstreak holes" visibile nel cielo di Mestre (VE)
Il fenomeno atmosferico visibile ieri da via Bissuola a Mestre |
un fallstreak hole, ossia un buco che si forma nei cirri o comunque nelle nubi alte quando gli aghi di ghiaccio che le formano entrano in contatto con l'acqua sopraffusa contenuta in atmosfera e aumentano di peso cadendo e "bucando le nubi".
FONTE
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Ubicazione:
Mestre, Venezia, Italia
sabato 6 dicembre 2014
Il Sud Italia rischia di diventare una regione dal clima più simile a quello ‘Nord africano’?
Il Sud Italia rischia di diventare una regione dal clima più simile a quello ‘Nord africano’, con estati ed inverni sempre più aridi e secchi e un impatto molto negativo sulla disponibilità di acqua, l’agricoltura e la salute. Lo stesso rischio minaccia Spagna del sud, Grecia e Turchia, per effetto dei cambiamenti climatici che potrebbero provocare lo ‘spostamento’ del clima mediterraneo verso le regioni del Nord e del Nord Est in Europa, ma anche nel resto del Pianeta. A delineare questo scenario è un articolo pubblicato in questi giorni su Nature Scientific Reports a firma del ricercatore dell’Enea Andrea Alessandri, in collaborazione con altri prestigiosi istituti di ricerca esteri. L’articolo dal titolo ‘Evidenze solide dell’espansione e del ritiro del clima Mediterraneo nel 21esimo secolo’ evidenzia per la prima volta come la ‘rivoluzione climatica’ in atto potrebbe impattare, già in questo secolo, sulle condizioni di vita in vaste aree del Pianeta con clima Mediterraneo. ‘’Tutto ciò -spiega Alessandri- viene mostrato grazie all’utilizzo delle più aggiornate proiezioni climatiche effettuate con i modelli numerici che sono in grado di ‘accoppiare’ le simulazioni atmosferiche con quelle degli oceani’’.
“La novità di quest’analisi è che per la prima volta viene fornita chiara evidenza, nelle proiezioni climatiche del 21esimo secolo, della tendenza allo ‘spostamento’ del clima Mediterraneo verso le regioni del Nord e del Nord Est ed il progressivo inaridimento delle attuali aree mediterranee più meridionali’’ aggiunge il climatologo. Lo studio evidenzia in particolare che per le sue caratteristiche, il clima mediterraneo è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici, ed è per questo che le attuali zone Euro-Mediterranee meridionali sono tra le più minacciate, con particolare riferimento all’Italia peninsulare e al sud della Spagna, alla Grecia e alla Turchia. In questi Paesi, la forte riduzione delle precipitazioni estive ed invernali, potrebbe determinare un progressivo inaridimento del suolo, con impatti sugli ecosistemi, sulla produzione agricola, sulla disponibilità di acqua e, di conseguenza, sulle attività industriali che dipendono dalla disponibilità idrica.
“Tutto ciò – avverte Alessandri - potrebbe avere ripercussioni molto negative su economia e qualità della vita, in particolare nelle zone a maggiore densità abitativa’’. Ma non solo. Nelle aree mediterranee più a nord, l’incremento delle piogge invernali e le estati più aride potrebbero accrescere la vulnerabilità ad eventi come alluvioni e allagamenti nella stagione invernale, più rischi di siccità, incendi e scarsità di risorse idriche in estate. Nelle regioni dell’Europa nord-occidentale, Balcani settentrionali ma anche in parte di Gran Bretagna e Scandinavia, invece, il clima potrebbe diventare, nel corso di questo secolo, sempre più come quello tipico del Mediterraneo, con estati molto più secche ed inverni più piovosi rispetto ad oggi. Le proiezioni mostrano che le aree mediterranee si ‘espanderanno’ anche verso le regioni europee continentali, coinvolgendo anche Paesi come l’Ucraina, il Kazakistan e la Russia sud-occidentali, dove sarà favorito un clima più mite caratterizzato da un aumento delle temperature invernali. E lo stesso fenomeno potrebbe interessare anche il continente nord americano, in particolare la parte occidentale del Nord America.
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